la colpa grave del medico va dimostrata nel caso concreto

04/01/2022 n. 1 - Corte Conti Lazio

In linea generale, giova premettere che nel caso di responsabilità amministrativa per danno sanitario, va dimostrata la colpa grave del convenuto nel caso specifico e pertanto vanno indicati quegli elementi di prova in base ai quali, nel caso concreto, l’accusa ritiene che vi sia stata violazione delle buone pratiche mediche. Non appare corretto ritenere che l’esistenza di particolari linee guida che si pongono, in astratto, in contrasto con la condotta del medico nel fatto che ha determinato una lesione al paziente sia di per sé sufficiente a dimostrare che la condotta del sanitario sia sicuramente connotata da colpa grave. In secondo luogo va evidenziato che il concetto di colpa grave si differenzia tra l’ambito civilistico (dove viene in rilievo la colpa semplice) e l’ambito giuscontabile (dove la colpa grave del medico sussiste anche per errori non scusabili per la loro grossolanità o l’assenza delle cognizioni fondamentali attinenti alla professione o il difetto di un minimo di perizia tecnica o e ogni altra imprudenza che dimostri superficialità: Corte conti sez. III n.601/2004)

nel giudizio in materia di responsabilità iscritto al n. 78919 del registro di segreteria promosso dal sig. Procuratore regionale nei confronti del Signor X X , nato l’——– a Roma, ed ivi residente alla ————-, n. –, (CF:————–, rappresentato e difeso dall’avv. Giovan Candido Di Gioia ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, p.zza Mazzini n.27;

Visto l’atto di citazione e tutti i documenti di causa;

Uditi all’udienza del 18 novembre 2021 (svoltasi

mediante collegamento da remoto su piattaforma telematica Microsoft Teams ex art. 85, comma 3, lett. e, del d.l. n. 18/2020, convertito, con modificazioni, nella legge n. 27/2020), con l’assistenza del segretario Dott.ssa Roberta Rossi, il relatore cons. dott. Anna Bombino, il rappresentante della Procura regionale nella persona del V.P.R. dott. Laura Monfeli, e l’avv. Giovan Candido Di Gioia per il convenuto;

Ritenuto in

FATTO

Con atto di citazione depositato il 3 giugno 2021, la Procura regionale ha citato in giudizio il dr. X X per ivi sentirlo condannare al risarcimento in favore dell’Azienda Ospedaliera (A.O.) San Giovanni Addolorata di Roma della somma di €. 202.308,79, oltre a interessi, rivalutazione e accessori di giustizia, per una fattispecie di malpractice sanitaria.

L’odierno giudizio è scaturito dalla segnalazione da parte dell’A.O. San Giovanni Addolorata di Roma, (nota prot.n.——– del 23.12.2020), circa l’avvenuto risarcimento dei danni liquidati ai sig.ri X X e X X , genitori del minore X X , in esecuzione della sentenza n.—–

-del Tribunale civile di Roma, che ha condannato, in solido, l’A.O. stessa e il dott. X (ginecologo) al pagamento della somma di €. 202.308,79 (deliberazione n.— del 30.10.2020), sentenza dichiarata immediatamente esecutiva con ordinanza del 13 marzo 2020 della Corte di Appello di Roma, ove è tuttora pendente il gravame promosso da entrambe le parti soccombenti, per il quale è fissata l’udienza di precisazione delle conclusioni per il giorno 23.3.2023.

La vicenda odierna è riferita ad una fattispecie di danno indiretto da malpractice medica, in relazione al risarcimento dei gravi danni permanenti arrecati al minore ed attribuiti al dott. X , ginecologo, che ha prestato assistenza al parto della sig.ra X X , in data 15 gennaio 2012, durante il quale è insorta una imprevedibile complicanza ovvero la “distocia di spalla”(DS), risolta con esiti infausti per il nascituro, consistiti nella “paralisi del plesso brachiale destro”, danni per i quali in sede civile sono stati condannati, in solido, per lesioni colpose, sia la struttura sanitaria che il medico.

A dette conclusioni il giudice civile è pervenuto dopo aver disposto l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio che ha evidenziato “..un notevole discostamento del medico dalle corrette tecniche di esecuzione delle manovre ostetriche durante il parto” (pagg. 19 e 27) ed accertato la colpa professionale, sub specie di imperizia e imprudenza (pag. 19), le cui conclusioni sono state interamente condivise dalla Procura erariale sull’asserita mancanza di motivi per dubitare dell’esattezza scientifica delle stesse né della rilevanza degli accertamenti svolti in sede civile, posti a fondamento della sentenza n.——–.

La Procura ha notificato l’invito a dedurre in data 9.4.2021 al dott. X , il quale è stato audito personalmente, come risulta dal verbale del 11.5.2011, le cui controdeduzioni sono state, tuttavia, superate dal requirente.

La Procura ha posto a fondamento della domanda erariale le risultanze acquisite nel giudizio civile e segnatamente la CTU espletata da cui ha tratto il convincimento circa la prova della sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa grave in capo al convenuto risultando accertata una condotta imperita e imprudente durante l’assistenza al parto (pag. 19), non ravvisando elementi contrari per dubitare della esattezza scientifica delle stesse avvalorate dagli accertamenti svolti in sede civile. Ha escluso, nel caso di specie, la responsabilità diretta dell’A.O. in assenza di prove circa una condotta colposa ad essa imputabile chiamata quindi a risarcire il danno a titolo di responsabilità civile ai sensi dell’art.28 Costituzione. Ha ravvisato la colpa grave del medico, sotto il profilo dell’incapacità nella gestione del caso, durante l’assistenza al parto della sig.ra X X , da cui sono derivate gravi conseguenze al neonato per manovre ostetriche inadeguate e imperite. Inoltre, il medico nell’eseguire tali manovre avrebbe applicato una forza eccessiva sulla testa del neonato.

Conseguentemente, l’attrice ha ritenuto che il dott. X non abbia rispettato le indicazioni fornite dalla letteratura scientifica di settore con particolare riferimento ai tempi entro i quali realizzare determinate manovre ostetriche evidenziando che il rispetto della tempistica prevista in tale ambito è finalizzato ad evitare i danni come quelli (paralisi del plesso brachiale) che sono stati cagionati al nascituro e che lo scostamento dai normali protocolli esecutivi o linee guida integra l’ipotesi della gravità della colpa, sussistente nel caso di specie. Risulta accertata per la Procura anche l’eziologia sulla base della regola causale applicabile in sede civile del “più probabile che non” tra la condotta imperita e negligente del ginecologo posta durante l’assistenza al parto della sig.ra X X e i conseguenti danni gravi permanenti riportati dal piccolo paziente. Ha concluso chiedendo la condanna del convenuto al pagamento della somma di €.202.308,79 oltre interessi, rivalutazione monetaria ed accessori di giustizia dal giorno 5.1.2012, a titolo di danno patrimoniale indiretto arrecato alla A.O. San Giovanni Addolorata di Roma.

Il convenuto dott. X si è costituito in giudizio con memoria di costituzione del 28.10.2021, nella quale ha eccepito e dedotto quanto segue:

– la prescrizione dell’azione erariale ancorando l’esordio del termine prescrizionale dalla data di verificazione dell’evento dannoso (15.1.2012), rispetto al quale risulta tardiva la notifica dell’invito a dedurre in data 9.4.2021;

– l’improponibilità e l’inammissibilità della domanda per mancanza dell’elemento soggettivo della colpa grave sia perché erroneamente riferita alle presunte lesioni cerebrali permanenti riportate dal minore X X durante il parto assistito anziché quella accertata meno grave della lesione del plesso branchiale destro (sent. n. ———; CTU), sia per l’errata interpretazione delle linee guida in materia di “distocia di spalle” e degli studi internazionali in materia, rilevando che nel caso di “distocia di spalle” la frequenza della “lesione del plesso branchiale” dipende dalle obiettive caratteristiche della situazione e non solo dalla perizia o meno del sanitario, e comunque, non ravvisando, nel caso concreto, un atteggiamento di grave disinteresse nell’esercizio dei doveri richiesti dall’intervento medico, la violazione macroscopica di norme mediche, un comportamento violativo di regole di prudenza;

– In via subordinata, ha chiesto la riduzione del danno nella misura di €. 101.154,395, pari al 50% di quanto già corrisposto dall’Azienda ospedaliera ai genitori del minore (ex artt. 1218, 1228,1298 e 2055 c.c.);

– In via istruttoria, l’espletamento di una consulenza tecnica di ufficio per escludersi la responsabilità medica del dr. X .

Alla udienza dibattimentale del 18.11.2021, le parti hanno ampiamente illustrato le rispettive argomentazioni contenute negli scritti difensivi, concludendo secondo le richieste ivi formulate.

Sentiti gli interventi delle parti e le loro repliche, la causa è passata in decisione.

Considerato in

DIRITTO

  1. L’odierno giudizio di responsabilità amministrativa per un danno indiretto da malpractice sanitaria sottoposto al vaglio della Sezione, scaturisce dal risarcimento, liquidato ai genitori del minore X X , per i danni subiti dal medesimo durante il parto, avvenuto in data 5 gennaio 2012, cui aveva prestato assistenza l’odierno convenuto, dott. X X (ginecologo), eseguendo manovre risultate imprudenti ed imperite rispetto alla soluzione dell’evento di “distocia di spalla” insorto improvvisamente durante il parto. 2. Il convenuto dott. X nella memoria di costituzione ha, in primo luogo, eccepito la prescrizione dell’azione erariale, ancorando il dies a quo di decorrenza al momento del verificarsi del fatto dannoso (15.1.2012). L’eccezione è infondata e come tale va rigettata. Al riguardo si evidenzia in base al principio affermato nella sentenza delle SS.RR. n. ——, pienamente condiviso dal Collegio, in ipotesi di “danno indiretto”, come quella per cui è causa, (intendendosi per tale il pregiudizio che la pubblica amministrazione subisce per effetto del pagamento cui è stata condannata in favore di terzi in conseguenza di condotte illecite dei propri dipendenti), “il dies a quo della prescrizione dell’azione di responsabilità va individuato nella data di emissione del titolo di pagamento al terzo danneggiato”.

Conseguentemente, se l’esordio del termine prescrizionale (rectius il momento in cui “il diritto può essere fatto valere” ex art. 2935 c.c.) coincide con quello del pagamento, a tale ultima data deve necessariamente ricollegarsi la concreta incisione delle finanze pubbliche, con l’emersione di un danno certo, effettivo ed attuale. Trattasi di posizione del tutto coerente con l’attuale quadro ordinamentale, alla cui stregua il debito che la P.A. paga per effetto di una sentenza di merito provvisoriamente esecutiva riveste, senza dubbio alcuno, i requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità (ex multis Sez. I A n. 362/2018 rif. contra Sez. Lombardia n. 136/16; Sez. Toscana n. 221/17; Sez. Emilia-Romagna n.100/17; Sez. Lombardia n.40/2015; SEZ.I n.312/13; Sez. Lazio n.11/2020). Nel caso in esame, in base agli atti di causa, la liquidazione dell’importo riconosciuto a titolo risarcitorio ai sigg. X X e X X , genitori del minore X X , è avvenuta con deliberazione del direttore generale dell’azienda ospedaliera n.— del 30.10.2020, e, pertanto, solo da quella data decorrono i cinque anni, previsti dall’art.1, comma 2,legge n. 20/1994, per l’esercizio dell’azione erariale. La notificazione dell’invito a fornire deduzioni al X è avvenuta in data 9.4.2021, quindi prima del decorso del termine di prescrizione. In ogni caso, con la successiva notifica dell’atto di citazione perfezionata il 17.6.2021, il predetto termine prescrizionale risulta interrotto per la durata del giudizio, ai sensi del disposto degli artt. 2943 e 2945 c.c.. 3. Il Collegio ritiene altresì di disattendere le richieste istruttorie formulate dal convenuto di ammissione di CTU medico-legale, siccome superflue, a fronte dell’esaustivo materiale probatorio presente agli atti di causa (CTU e CTP). 4. Nel merito, il Collegio ritiene che la domanda attrice non sia fondata, e come tale debba essere rigettata per le ragioni di seguito spiegate.

4.1. In linea generale, giova premettere che nel caso di responsabilità amministrativa per danno sanitario, va dimostrata la colpa grave del convenuto nel caso specifico e pertanto vanno indicati quegli elementi di prova in base ai quali, nel caso concreto, l’accusa ritiene che vi sia stata violazione delle buone pratiche mediche. Non appare corretto ritenere che l’esistenza di particolari linee guida che si pongono, in astratto, in contrasto con la condotta del medico nel fatto che ha determinato una lesione al paziente sia di per sé sufficiente a dimostrare che la condotta del sanitario sia sicuramente connotata da colpa grave. In secondo luogo va evidenziato che il concetto di colpa grave si differenzia tra l’ambito civilistico (dove viene in rilievo la colpa semplice) e l’ambito giuscontabile (dove la colpa grave del medico sussiste anche per errori non scusabili per la loro grossolanità o l’assenza delle cognizioni fondamentali attinenti alla professione o il difetto di un minimo di perizia tecnica o e ogni altra imprudenza che dimostri superficialità: Corte conti sez. III n.601/2004), introducendo una valutazione ad ampio spettro dell’elemento soggettivo nella responsabilità medica sul piano erariale. In terzo luogo, ai fini della valutazione del nesso causale tra la condotta dei sanitari e il danno indiretto per malpractice medica, non è sufficiente contestare una condotta difforme dalle linee guida che regolano la materia (richiamate in giudizio), ma spetta al pubblico ministero la dimostrazione positiva che le scelte diagnostiche e chirurgiche operate nel caso concreto si siano poste quale causa efficiente e diretta delle lesioni arrecate al paziente, che ha portato alla richiesta di risarcimento del danno liquidato dalla struttura pubblica. La sola condotta difforme alle linee guida che il pubblico ministero asserisce violate o non rispettate appieno, non è sufficiente per sostenere che vi sia nesso causale tra il mancato rispetto e l’evento dannoso, ma può al più ritenersi un indice rivelatore che va corroborato da altre risultanze di fatto da verificarsi nell’evento storico che ha determinato la fattispecie dannosa (cfr. Corte conti sez. Emilia-Romagna n.100/2017). Con riferimento a quest’ultimo aspetto, la giurisprudenza contabile, collocandosi sulla linea interpretativa indicata dalle Sezioni Unite n.8770/2018, ritiene le linee guida in materia medica e sanitaria, come “un condensato delle acquisizioni scientifiche tecnologiche e metodologiche concernenti i singoli ambiti operativi, reputate tali dopo un’accurata elezione e distillazione di diversi contributi (cfr. Sez. I n.156/2018).

Nel giudizio di responsabilità amministrativa, le linee guida e, in loro mancanza, le buone pratiche clinico-assistenziali hanno il compito, non vincolante per l’interprete, di orientamento nella valutazione del comportamento del personale sanitario, che rimane sempre responsabile della valutazione di adeguatezza delle stesse alla specificità del caso concreto. Pertanto, una volta definito il parametro oggettivo di riferimento del titolo soggettivo della colpa grave, va accertato, in concreto il grado di esigibilità della condotta normativamente prevista in ragione delle condizioni concrete della gestione del caso specifico (cfr. Sez. II n.662/2014, 619/2015,637/2015). A tal fine la cartella clinica rappresenta il supporto probatorio fondamentale all’accertamento giurisdizionale anche della responsabilità amministrativa in ragione dei suoi contenuti rappresentativi e della sua natura (Cass. pen sez. V n.23/2004).

4.2. Alla luce di questi principi e criteri elaborati dalla giurisprudenza, la Sezione ritiene che l’accusa non abbia fornito prova certa e incontrovertibile della “intensità” della colpa del convenuto per affermarsi la responsabilità erariale con addebito dell’intero danno indiretto cagionato alla struttura ospedaliera di appartenenza.

4.3. Ciò posto, dall’atto di citazione si evincono le seguenti circostanze:

a) Quanto al fatto esso coincide con la condotta posta in essere dal dott. X nei confronti del nascituro X X durante l’assistenza al parto del 15.1.2012 della sig.ra X X (Cfr. cartella medica).

b) Quanto all’elemento soggettivo della colpa grave l’accusa ha ritenuto provato tale elemento sulla base della CTU posta a fondamento della sua domanda, redatta nel giudizio civile di danno, dal prof. X (ginecologo) e dott. X (neurologo), da essa interamente condivisa, nella quale essi hanno affermato quanto segue: “Risulta quindi verosimile che la lesione del plesso brachiale destro di X X sia di origine iatrogena e si sia realizzata a seguito di applicazione sulla testa fetale espulsa di una forza di trazione potenzialmente lesiva sul presso brachiale che ha creato sollecitazioni opposte atte ad allontanare eccessivamente la spalla anteriore (destra) dalla testa oltre che a imprimere eccessiva torsione dalla testa verso la spalla posteriore sinistra, prima di procedere al disimpegno della medesima spalla sinistra con la tecnica di Jacquemier. Eccessiva torsione che è stata anche la causa dell’atteggiamento del capo ruotato prevalentemente a sinistra accertato dall’esame neurologico eseguito a 18 giorni di vita. Tali osservazioni permettono di ravvisare l’ipotesi di colpa professionale sub specie di imperizia e imprudenza a carico del ginecologo che assistette al parto ed eseguì in modo inadeguato le manovre ostetriche per risolvere la distocia della spalla” (pag.19); “che il trattamento non è stato eseguito in conformità delle metodiche medico chirurgiche stabilite dalla prassi e dalla scienza medica in relazione alle linee guida nazionali e internazionali” (pag. 27); “L’estrema brevità temporale di un minuto nell’eseguire le due manovre riportate in cartella clinica e l’atteggiamento del capo ruotato prevalentemente verso sinistra ancora presente dopo 18 giorni di vita sono compatibili con l’applicazione sulla testa fetale espulsa di una forza di trazione potenzialmente lesiva sul plesso brachiale, che ha creato sollecitazioni opposte atte ad allontanare eccessivamente la spalla anteriore (destra) dalla testa, oltre che imprimere eccessiva torsione della testa verso la spalla posteriore sinistra, prima di procedere al disimpegno della medesima spalla sinistra con la tecnica di Jacquiemier” (pag. 27); “nel caso di specie risulta un tempo assai breve di solo un minuto intercorso tra la fuoriuscita della testa avvenuta senza difficoltà e la nascita” (pag. 18).

I consulenti hanno ravvisato la colpa grave nella condotta del ginecologo per negligenza e imperizia, per totale assenza di attenzione, diligenza e cura nell’adempimento della prestazione, neppure difficoltosa, con riferimento alla corretta e adeguata gestione di un parto che non presentava alcuna condizione iniziale di rischio fetale, confermato dall’intervallo di tempo indicato nella cartella clinica dal ginecologo per eseguire le manovre cui è associato la più alta percentuale di paralisi (32%) di plesso brachiale permanente nei casi di distocia della spalla. Tale condotta sarebbe in contrasto con le indicazioni della letteratura scientifica di settore riguardo ai tempi entro i quali realizzare le manovre ostetriche, aggravata dalle modalità di esecuzione delle stesse impiegando una forza eccessiva a danno del neonato.

c)Quanto all’eziologia, la stessa CTU, come sopra riportato, sulla base della regola causale applicabile in sede civile del “più probabile che non” (applicabile anche al processo contabile vista la sostanziale sovrapponibilità delle regole probatorie e di giudizio col processo civile: Cass. SS.UU. —/2008; Sent. III n.—/2015), ha ritenuto sussistente il nesso eziologico tra la condotta imperita e negligente del medico nella esecuzione delle pratiche ostetriche previste nel caso di “distocia di spalla” e i conseguenti danni permanenti riportati dal nascituro.

5. Tali affermazioni sono state censurate dalla difesa del dott. X , la quale dopo avere chiarito che nessuna “lesione cerebrale permanente” è stata riportata dal minore, diversamente da quanto indicato nell’atto di citazione, ma bensì “lesione del plesso brachiale destro” (cfr. cartella clinica, atto di citazione civile e sentenza ——-, pag. 10-11), ha escluso l’esistenza della colpa grave del medico sotto diversi profili.

5.1. Innanzitutto ha censurato la CTU riguardo l’asserita celerità della tempistica delle manovre effettuate dal dott. X sulla base di studi specifici in materia che indicano un intervallo massimo di 4 minuti per l’espletamento del parto, nei casi di distocia di spalle, per evitare danni cerebrali permanenti al feto, facendo trascorrere non più di 30 secondi per l’esecuzione di una manovra e la successiva in un ordine crescente di operatività manuale e che tale circostanza è ammessa dalla stessa CTU che afferma “Tutte le manovre dovrebbero essere eseguite entro 4 minuti per evitare il danno asfittico” (pag. 25), rimarcando la circostanza che, nei casi di “distocia di spalla”, è previsto un limite temporale massimo per le singole manovre (30 secondi) e complessivo (4 minuti). Ha rilevato, poi, che la “Eccessiva torsione della testa verso la spalla posteriore sinistra, prima di procedere al disimpegno della medesima spalla sinistra con la tecnica di Jacquemier” anche a “….causa dell’atteggiamento del capo ruotato prevalentemente a sinistra accertato all’esame neurologico eseguito a 18 giorni di vita” (pag. 19 CTU), è stata eseguita prima della manovra di Jacquemier “dopo che l’ostetrica ebbe eseguito direttamente le manovre trattive senza esito e l’estrazione ha riguardato il braccio sinistro mentre il piccolo X ha riportato la lesione al braccio destro (cartella clinica). Inoltre, dalla CTU (pag. 18) si evince che il “ parto che fino all’espulsione della testa fetale era assistito da una ostetrica (…) che chiamava tempestivamente il medico di sala parto per risolvere la complicanza distocica”. Eseguita la manovra Mc Roberts sulla paziente senza ottenere il disimpegno delle spalle il dott. X ha proceduto alla esecuzione della manovra diretta sul feto secondo la tecnica di Jacquemier e cioè l’estrazione del braccio posteriore sinistro ottenendo la nascita del bambino. Gli studi richiamati dalla difesa compreso quello di Lerner, citato dallo stesso CTU per suffragare la tesi circa l’eccessiva celerità dei tempi di esecuzione delle manovre praticate dal dott. X , causalmente collegata al verificarsi, come nella specie, dei danni permanenti al plesso brachiale, in caso di distocia di spalla, indicano un tempo necessario per l’esecuzione di tre manovre ostetriche previste nei casi di DS pari a 1 e a 2 minuti e che il tempo medio intercorso tra la fuoriuscita della testa e il disimpegno delle spalle/nascita mediante l’esecuzione di 3 manovre, in media di 1 minuto nel gruppo dei neonati senza complicazioni, 2 minuti in quello con insulto persistente al plesso brachiale ma non compromissione neonatale, mentre il gruppo con disimpegno delle spalle di oltre 5 minuti presentavano oltre all’insulto del plesso brachiale anche altre conseguenze neonatali con problemi respiratori e segni di grave asfissia con pericolo di paralisi cerebrale e di morte neonatale.

Comunque, sul punto la stessa CTU riconosce che “Non tutti i danni del plesso brachiale sono legati all’eccessiva trazione da parte dell’ostetrico. Esiste anche una significatività di lavori scientifici sull’evidenza che le spinte materne possano contribuire qualche volta a creare questi danni” (Rapporto ACOG 2014).

Nelle conclusioni del rapporto ACOG 2014 citato dalla difesa, si afferma che “Non esistono dati di alta qualità o coerenti che suggeriscano che la paralisi del plesso brachiale neonatale possa essere causata solo da una quantità specifica di forza applicata oltre a quella tipicamente utilizzata dagli operatori sanitari e sperimentata durante un parto senza paralisi del plesso brachiale. Inoltre, molti dati suggeriscono che l’insorgenza della paralisi brachiale neonatale è un evento complesso, dipendente non solo dalle forze applicate al momento del parto, ma anche dalla costellazione di forze (es Vettore e velocità di applicazione) che hanno agito sul feto durante il travaglio e il parto, così come le singole caratteristiche del tessuto fetale. Pertanto, l’assegnazione automatica di responsabilità a un ostetrico o ostetrica per un danno al plesso brachiale è inappropriata e non supportata dalla letteratura ostetrica” (cfr. pag. 16 memoria di costituzione).

5.2. I consulenti di parte (dott. prof. X e X per il dott. X , dott. X e prof. X per l’Assicurazione Unipol per il dott. X e dott. X per l’A.O.), le cui controdeduzioni sono state disattese dai CTU, hanno concordemente escluso che dalla cartella clinica e dagli altri elementi acquisiti in giudizio possa evincersi in modo chiaro e inequivocabile che sia stata applicata sulla testa fetale espulsa una forza di trazione potenzialmente lesiva del plesso brachiale, sottolineando altresì il divario interpretativo circa la tempistica delle manovre da praticarsi in caso di distocia di spalle, secondo quanto affermato negli studi internazionali indicati dallo stesso CTU. Per i consulenti X e X non sussiste “alcun elemento ragionevole che debba indurre a colpevolizzare, sulla base di poche elementi legati essenzialmente sulle annotazioni relative alla tempistica di intervento, i Colleghi che assistettero al parto” , riconoscendo, invece, “..che l’equipe che assistette al parto della sig.ra X non ha certo posto in atto una condotta al difuori della normale prassi e non condivisibile dagli specialisti ma ha semplicemente scelto un indirizzo terapeutico adeguato e praticabile, rappresentato dalle manovre ostetriche così come furono eseguite, indirizzo suffragato da una serie di elementi che in un caso analogo sarebbero tenuti nella stessa considerazione da larga parte degli esercenti dell’arte medica. Questo anche se vi fu qualche imprecisione formale nella annotazione dei tempi dell’intervento che, per la loro stessa irrealistica inappropriatezza della registrazione, non possono essere poste a fondamento della censura che viene fatta ai sanitari interventi” (pag.3, 4 CTP). I CTP hanno inoltre evidenziato che tale irrealistica annotazione della cartella clinica è del tutto smentita dalle dichiarazioni della stessa sig.ra X in sede di consulenza in merito alle modalità di azione del ginecologo che assistette al parto “(..) che successivamente estraeva il feto attraverso manovre interne che hanno avuto una durata di circa cinque minuti (..)”, che presentava perfette condizioni generali, come descritte nella cartella clinica, per cui un’azione traumatica sulla spalla potrebbe essersi verificata nella vita intrauterina determinando la paralisi brachiale e non causata da una azione violenta del ginecologo durante l’estrazione in concomitanza di una distocia di spalla. In merito, la sig. X ha dichiarato ai CTU che prima dell’arrivo del dott. X aveva avvertito che fosse accaduto qualcosa di traumatico (pag. 12).

Su tale specifico aspetto, si sofferma l’ ulteriore relazione di parte redatta dal dott. X X (specialista in ginecologia dell’A.O. danneggiata), che pure ha evidenziato che il fattore tempo nel risolvere la distocia di spalle rappresenta un fattore essenziale nell’evitare eventuali danni neurologici fetali e la morte stessa del feto (Lerner), affermando testualmente che “ …l’intervento del dott. X si sia concretizzato in un tempo congruo, verosimilmente in due minuti. Infatti, alle ore 19,42 vengono messe in atto congiuntamente la manovra Mc Roberts e Rubin e dopo un minuto inizia la manovra di Jacquemier; che sappiamo che trattasi di manovra complessa che richiede l’individuazione in utero del gomito del feto, la sua flessione davanti del lato ventrale del feto, l’individuazione della mano e la sua estrazione all’esterno. Non è ipotizzabile che tutto questo si sia concretizzato in meno di un minuto e pertanto l’estrazione è avvenuta sì alle 19,43, ma verosimilmente alla fine del 43° minuto e pertanto si può considerare che la durata complessiva dell’intervento sia stata di due minuti. Orbene i due minuti occupano il 50% dello spazio temporale di quei fatidici 4 minuti, di cui si dispone per poter sottrarre il feto all’asfissia e alle sue gravi conseguenze. (..)Superato questo valore soglia, aumenta in maniera significativa la percentuale di neonati che oltre a riportare una lesione permanente del plesso brachiale presentano anche una depressione alla nascita. Inoltre, nello stesso lavoro viene riportato come nel gruppo in cui non è conseguita una lesione del plesso brachiale, l’intervallo è stato sempre meno di 3 minuti con una mediana di 1,5”. Il consulente ha quindi concluso che “i dati estrapolati non sarebbero corretti e non porterebbero alle percentuali dei CCTTUU in quanto non si terrebbe conto della colonna relativa ai casi di plesso brachiale con depressione neonatale che vanno sommati ai casi con persistente lesione del plesso brachiale sena depressione alla nascita”.

Il consulente di parte ha inoltre introdotto ulteriori elementi, che pure noti al CTU, non sono stati oggetto di considerazione nella valutazione della complessità del caso, come l’obesità di classe 1 della gestante e la macrosomia del feto alla nascita di 4800 g., entrambe condizioni riconosciute nella letteratura medica favorenti la distocia di spalle, evento verificato nel caso in esame.

In ogni caso, le conclusioni finali del CTU sarebbero poste in dubbio da quanto dallo stesso affermato circa il fatto che le manovre ostetriche eseguite da altri operatori avrebbero avuto con altra probabilità esiti diversi, cioè evitato la paralisi del plesso brachiale, visto che le stesse manovre non sono sicure. Testualmente il CTU ha affermato: “Allo stesso tempo non è possibile desumere dalla documentazione sanitaria se l’effettuazione del trattamento (manovre ostetriche), in assenza di condotta alternativa, eseguita da altri operatori avrebbe con alto grado di probabilità, che si ottiene collazionando le probabilità statistiche di successo, conseguito un esito diverso, cioè evitato la paralisi del plesso brachiale, visto che le stesse manovre non sono sicure”.

In conclusione, pur nella consapevolezza che la distocia di spalle è una evenienza imprevista e imprevedibile, che l’obesità e la macrosomia sono importanti fattori di rischio nella distocia di spalle, e riconosciuto che non vi sono elementi per ritenere che le stesse manovre eseguite da altri operatori avrebbero conseguito con alta probabilità risultati diversi, essendo le manovre non sicure, il CTU ha censurato però l’operato del ginecologo, ritenendo che i tempi del suo intervento siano stati troppo brevi (determinanti della trazione forzata e del conseguente danno brachiale), e ciò in senso del tutto opposto a quanto riportato negli studi internazionali in materia di distocia di spalla.

Quanto all’affermazione del CTU secondo la quale il medico avrebbe praticato delle forti trazioni della testa potenzialmente lesive, il consulente di parte ha affermato che tale ipotesi non trova riscontro nella documentazione clinica. Il consulente ha precisato che il medico inizialmente ha fatto ricorso alla manovra di Mc Roberts e Rubin, che non implicano alcuna trazione sulla testa fetale e poi la manovra di Jacquemier che pure non comporta alcuna trazione sulla testa fetale. Quanto alla scelta delle manovre da praticare per favorire l’uscita del feto il CTU nulla ha osservato riguardo la successione delle manovre messe in atto dal dott. X per cui è plausibile ritenere che le stesse siano state corrette e rispettose degli indirizzi indicati nelle linee guida relative alla soluzione della distocia di spalla. L’affermazione del CTU secondo il quale “prima o dopo la manovra di Jacquemier siano state applicate forze di trazione potenzialmente lesive” è indicativa -ad avviso del CTP- dell’assoluta incertezza circa il momento in cui sarebbero state applicate le trazioni e l’autore delle stesse, con impossibilità di imputarle al convenuto, in quanto sia le manovre di Mc Roberts e Rubin effettuate contemporaneamente, sia la manovra Jacquemier non contemplano alcuna trazione sulla testa e comunque, l’eccessiva trazione sarebbe avvenuta “prima di procedere al disimpegno della medesima spalla sinistra con la tecnica Jacquemier” (pag. 28 CTU). In conclusione, il CTP ha confermato la correttezza dell’operato del dott. X con assoluta esclusione della relativa colpa grave (pag. 16-17 CTP).

6. Alla luce di quanto documentalmente emerso, non sembra al Collegio che dalle risultanze probatorie emergano elementi certi e incontrovertibili sui quali basare un giudizio circa il grado di inadeguatezza, superficialità e imperizia riguardo alla gestione del parto da parte del medico X , ritenuto il solo responsabile del danno, in relazione sia alla asserita irregolarità della tempistica delle manovre praticate sia alla eccessiva trazione sulla testa, da cui è derivata la paralisi del plesso brachiale del minore, costituente il danno patrimoniale risarcito dall’Azienda ospedaliera, aspetti determinanti sui quali i CTU hanno basato essenzialmente il giudizio di grave colpevolezza del convenuto.

In conclusione, la domanda attorea va rigettata e conseguentemente il convenuto X va assolto dagli addebiti attribuiti in citazione, liquidando nel dispositivo l’ammontare degli onorari e dei diritti per la difesa in giudizio.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio, ogni contraria difesa ed eccezione reietta, definitivamente pronunciando, RIGETTA la domanda attrice per mancanza di prova della grave negligenza idonea a configurare la colpa grave.

Liquida l’ammontare degli onorari spettanti alla difesa del convenuto assolto in €. 3.278,00, oltre oneri accessori di legge.

Manda alla Segreteria per i conseguenti adempimenti.

Ai sensi del combinato disposto dell’art. 52 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, recante il “Codice in materia di protezione dei dati personali” (Codice della privacy), e dell’art. 22, comma 1, del decreto legislativo n. 101/2018, a tutela dei diritti e della dignità dei soggetti interessati dalla presente sentenza, e, in particolare, a tutela del loro diritto alla riservatezza dei dati personali, si dispone che, in caso di riproduzione della sentenza stessa in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, venga opportunamente omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi (con particolare riguardo per quelli relativi allo stato di salute) dei soggetti interessati riportati nella sentenza. A tal fine la Segreteria della Sezione applicherà la disposizione di cui al comma 3 dello stesso art. 52 del d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice della privacy).

Così deciso nella camera di consiglio del 18 novembre 2021