responsabilita' della struttura sanitaria per l'inadempimento di prestazioni medico libero professionale
09/03/2020 n. 4939 - Tribunale Roma
La struttura sanitaria risponde dell’operato del medico anche laddove quest’ultimo non sia qualificabile quale lavoratore subordinato, purché ci sia un collegamento tra la prestazione effettuata dal sanitario e l’organizzazione della struttura medesima, non assumendo alcuna rilevanza la circostanza che il medico sia “di fiducia” del paziente ovvero che sia stato scelto dallo stesso (ex multis, Cass., Sez. III, n. 13953/2007: “Il rapporto che si instaura tra paziente e casa di cura (o ente ospedaliero) ha la sua fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell’obbligazione al pagamento del corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente, dall’assicuratore, dal S.s.n. o da altro ente), insorgono a carico della casa di cura (o dell’ente), accanto a quelli di tipo “lato sensu” alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze. Ne consegue che la responsabilità della casa di cura (o dell’ente) nei confronti del paziente ha natura contrattuale e può conseguire, ai sensi dell’art. 1218 c.c., all’inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, nonché, in virtù dell’art. 1228 c.c., all’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando in contrario al riguardo la circostanza che il sanitario risulti essere anche “di fiducia” dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto”).
FATTO
Ragioni in fatto e in diritto della decisione
Con atto di citazione ritualmente notificato, AAAA ha citato in giudizio la OMISSIS s.p.a. e BBBB, domandando che, previo accertamento della responsabilità dei convenuti in ordine all’errore commesso in occasione dell’intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore e all’omessa diagnosi della predetta complicazione, gli stessi venissero condannati in solido a risarcire i danni subiti dall’attore, quantificati nella somma di € 74.233,49 ovvero nella somma di € 65.721,95, con vittoria di spese ed onorari.
A sostegno delle proprie domande, l’attore ha rappresentato di essere stato ricoverato presso la Casa di Cura XXXX di Roma, di proprietà della OMISSIS s.p.a., in data 9.12.2011, precisando che il suo ingresso in tale struttura sanitaria era stato preceduto da una distorsione al ginocchio destro, a seguito della quale era stato portato, in data 22.11.2011, presso il Pronto Soccorso di Terracina, dove gli era stata diagnosticata una rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro.
Il AAAAA ha esposto che, in data 9.12.2011, durante il ricovero nella Casa di Cura XXXX era stato sottoposto, previo riscontro della diagnosi effettuata presso il predetto Pronto Soccorso, ad un intervento chirurgico di ricostruzione del legamento crociato anteriore, deducendo di essere stato dimesso in data 12.12.2011.
Successivamente all’intervento, l’attore avrebbe affrontato un difficile percorso riabilitativo ed in data 14.2.2012 si sarebbe sottoposto, presso la Casa di Cura XXXX, ad una risonanza magnetica, dalla quale sarebbe emerso che “La vite del tunnel tibiale spunta appena in sede articolare”.
Il D.T. ha dedotto che, nonostante avesse rappresentato al chirurgo BBBB. di aver una mobilità “a scatto” del ginocchio associata a forti dolori, questi avrebbe certificato, in data 8.3.2012, la conclusione del suo trattamento ortopedico, salvo valutazione di postumi permanenti.
Nel periodo successivo, l’attore avrebbe continuato a riscontrare una mobilità “a scatto” del ginocchio destro, una “zoppia” ed una notevole sofferenza dell’articolazione, che gli avrebbero comportato difficoltà nello svolgimento di qualsiasi attività sportiva.
Pertanto, in data 14.4.2013, dopo circa 15 mesi dall’intervento, il AAAA si sarebbe recato presso l’Ospedale C.T.O. A.A. di Roma per sottoporsi ad accertamenti, all’esito dei quali sarebbero stati riscontrati “Evidenti esiti del pregresso intervento chirurgico di ricostruzione del LCA con vite tibiale sporgente rispetto al piano articolare, internamente al neolegamento”.
Conseguentemente, l’attore sarebbe stato sottoposto, in data 10.5.2013, ad un intervento chirurgico presso l’Ospedale C.T.O. A.A., in occasione del quale gli sarebbe stata asportata la protrusione della vite precedentemente installata.
A tale secondo intervento sarebbe seguito un nuovo percorso riabilitativo, nel corso del quale il D.T. avrebbe riscontrato una notevole diminuzione dei disturbi e delle limitazioni precedentemente lamentati, trovandosi di nuovo nelle condizioni di svolgere regolarmente la propria vita.
L’attore ha dedotto di essersi sottoposto ad una visita medico legale presso uno specialista in Ortopedia, Traumatologia, Medicina Legale e delle Assicurazioni, il quale avrebbe accertato che, in seguito alle negligenze compiute in occasione del ricovero presso la Clinica XXXX, l’attore avrebbe riportato danni valutabili in 10% di invalidità permanente, 90 giorni di inabilità temporanea assoluta e 90 giorni di inabilità temporanea relativa al 50%.
Il AAAA ha, inoltre, rappresentato che l’intervento al quale era stato sottoposto (ricostruzione del legamento crociato anteriore) costituirebbe un’operazione routinaria, caratterizzata da regole tecniche estremamente precise, esponendo che, nonostante avesse lamentato tempestivamente le problematiche insorte durante il percorso riabilitativo, il BBBB avrebbe evidenziato che si trattava di un classico percorso post operatorio, senza fare alcun riferimento alla oggettiva e documentale sporgenza della vita del tunnel tibiale.
Infine, il AAAA ha rappresentato che le richieste risarcitorie avanzate nei confronti dei convenuti non avrebbero sortito alcun effetto e che il procedimento di mediazione dallo stesso promosso avrebbe avuto esito negativo.
Alla luce di tali premesse, l’attore ha dedotto una duplice negligenza addebitabile ai convenuti (errata misurazione della vite installata nel corso dell’intervento chirurgico e omessa tempestiva diagnosi della problematica), rappresentando di aver affrontato numerose spese a titolo di corrispettivo per la degenza in clinica e per l’intervento operatorio (€ 18.299,98), per la fisioterapia (€ 1.205,81), per la risonanza magnetica del 14.2.2012 (€ 407,29), per la visita specialistica dell’8.3.2012 (€ 101,81), per la riabilitazione successiva al secondo intervento (€ 125,00) e per la relazione medica di parte (€ 5.000,00).
Pertanto, ha domandato il risarcimento del danno biologico – pari al 10% di invalidità permanente, a 90 giorni di inabilità temporanea assoluta ed a 90 giorni di inabilità temporanea relativa al 50% – da liquidare in applicazione delle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano ovvero in applicazione di quelle elaborate dal Tribunale di Roma, nonché del danno morale e la ripetizione delle somme pagate per le spese sopraindicate.
Si è costituito in giudizio P.P.M., il quale ha contestato le pretese attoree in quanto infondate in fatto ed in diritto.
In primo luogo, il convenuto ha rappresentato che la ricostruzione dei fatti contenuta nell’atto di citazione sarebbe parziale, soffermandosi su alcuni elementi ed effettuando alcune valutazioni che condurrebbero ad escludere la propria responsabilità in ordine ai danni lamentati dall’attore.
Il BBBB ha dedotto che la vite utilizzata nell’intervento sarebbe tra le più corte esistenti per il tipo di operazione eseguita (28 mm di lunghezza), che la sua sporgenza di 0,5 – 0,8 mm sarebbe stata minima e non avrebbe rappresentato una complicazione di rilevanza clinica né un errore operatorio, precisando che – come riportato da autorevole letteratura – la vite potrebbe essere lasciata in loco anche se sporgente di pochi millimetri.
Il convenuto ha, inoltre, dedotto che nei controlli successivi il AAAA avrebbe manifestato una sintomatologia dolorosa aspecifica, riferendo di dolori talvolta anteriori e talvolta posteriori, in assenza di tumefazione e di cedimenti articolari. Ad ogni modo, questi ha osservato che non avrebbe mai potuto rimuovere la vite dopo soli tre mesi dall’intervento.
Il BBBB ha, altresì, esposto che la valutazione funzionale avrebbe evidenziato un’articolarità completa, un deficit di forza muscolare del quadricipite del 28% ed un lieve deficit di forza nel salto e che la prova stabilometrica avrebbe evidenziato una completa simmetricità con l’arto sano.
Infine, il convenuto ha rappresentato di aver proposto all’attore, dopo circa 6 mesi dall’intervento, un’artroscopia diagnostica che lo stesso avrebbe rifiutato, precisando che da quel momento il D.T. non avrebbe più effettuati alcuna visita presso di lui.
Pertanto, previa autorizzazione a chiamare in causa la Unipolsai Assicurazioni s.p.a., il convenuto ha domandato il rigetto delle domande attoree e, in via subordinata, il riconoscimento della responsabilità solidale della Eurosanità s.p.a. e la condanna della Unipolsai Assicurazioni s.p.a. a manlevarlo delle somme dovute all’attore, con vittoria di spese, competenze e onorari.
Si è costituita in giudizio la OMISSIS s.p.a., la quale ha domandato il rigetto delle pretese attoree in quanto infondate.
La convenuta ha fatto proprie le difese proposte dal BBBB, rappresentando l’assenza di una responsabilità a questi addebitabile e la conseguente impossibilità di ritenere l’OMISSIS s.p.a. responsabile dei danni subiti dal AAAA.
In via subordinata, la convenuta ha domandando che, laddove dovessero emergere dei comportamenti censurabili del BBBB, venisse accertato la propria estraneità ai fatti di causa, avendo questi operato all’interno della Casa di Cura XXXX in qualità di medico libero professionista.
In particolare, illustrando le diverse obbligazioni assunte dai convenuti nei confronti dell’attore, la OMISSIS s.p.a. ha dedotto che il paziente, al momento dell’ingresso nella struttura sanitaria, avrebbe sottoscritto una dichiarazione nella quale avrebbe riconosciuto di essersi autonomamente rivolto al P.P.M. e di essere a conoscenza della circostanza che il medico fosse l’unico responsabile nei suo confronti dell’esecuzione delle cure mediche prestate, della terapia e dei farmaci somministrati.
Conseguentemente, la convenuta ha rappresentato di non poter rispondere dell’operato del medico libero professionista.
Autorizzata la sua chiamata in giudizio ed effettuata la citazione ad opera del BBBB, si è costituita in giudizio la Unipolsai Assicurazioni s.p.a., la quale ha contestato le pretese attoree in quanto infondate in fatto e in diritto.
Preliminarmente, la terza chiamata ha rilevato che la polizza stipulata dal BBBB (polizza n. ..) sarebbe “prestata a secondo rischio” e che nel caso di specie opererebbe solo nell’ipotesi in cui dovesse essere accolta la domanda attorea e il massimale previsto nella polizza stipulata dall’OMISSIS s.p.a. non fosse sufficiente a coprire l’intera entità del danno patito, con la precisazione che in ogni caso opererebbe esclusivamente nella misura eccedente a tale massimale, nei limiti delle franchigie e degli scoperti nella stessa previsti.
In via subordinata, la Unipolsai Assicurazioni s.p.a. ha rappresentato che, laddove le domande del AAAA dovessero essere accolte e la polizza stipulata dal BBBB dovesse essere ritenuta operante, troverebbe applicazione l’art. 1910 c.c. e l’eventuale indennità dovrebbe essere ripartita pro quota tra la terza chiamata e la compagnia che assicura la OMISSIS s.p.a.
La terza chiamata ha precisato che l’eventuale indennizzo dalla stessa dovuto dovrebbe essere limitato in base alla quota di responsabilità diretta addebitabile al BBBB.
Inoltre, riportandosi alle eccezioni e alle deduzioni da quest’ultimo formulate, ha sostenuto l’assenza di ogni forma di responsabilità allo stesso ascrivibile.
Soffermandosi sulle eccezioni della OMISSIS s.p.a., la Unipolsai Assicurazioni s.p.a. ha rappresentato che la struttura sanitaria sarebbe responsabile nei confronti del paziente in virtù del contratto di spedalità stipulato al momento della sua accettazione, deducendo che sarebbe chiamata a rispondere, ai sensi dell’art. 1218 c.c., dell’inadempimento delle obbligazioni dalla stessa assunte e, ai sensi dell’art. 1228 c.c., dell’inadempimento delle obbligazioni assunte dai sanitari propri ausiliari, pur in assenza di un rapporto di subordinazione.
A tal proposito, ha specificato che non assumerebbe alcuna rilevanza la circostanza che il sanitario risulti essere “anche di fiducia” del paziente ovvero scelto dallo stesso e che la dichiarazione fatta sottoscrivere dalla Casa di Cura XXXX al AAAA non avrebbe alcuna valenza cogente.
Inoltre, la Unipolsai Assicurazioni s.p.a. ha contestato le richieste risarcitorie avanzate dall’attore, evidenziando in particolare che la ripetizione delle somme versate al BBBB per la prestazione della propria attività professionale non sarebbero coperte dalla polizza assicurativa.
Infine, la terza chiamata ha dedotto che, in virtù di quanto previsto nella polizza n. 82433319, la franchigia di € 20.000,00 dovrebbe rimanere a carico del BBBB e per la Unipolsai Assicurazioni s.p.a. opererebbe il massimale di € 1.500.000,00.
La causa, istruita mediante l’acquisizione della documentazione prodotta dalle parti e l’espletamento di CTU medico legale sulla persona dell’attore, è stata trattenuta in decisione all’udienza del 17.9.2019, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.
La domanda di risarcimento del danni avanzata da AAAA trae origine dalla dedotta responsabilità professionale medica della OMISSIS s.p.a., proprietaria della Casa di Cura XXXX, e del medico BBBB, in ordine ai pregiudizi sofferti dall’attore che, in base alla ricostruzione dei fatti compiuta dallo stesso, sarebbero eziologicamente riconducibili ad un errore commesso nel corso dell’intervento chirurgico di ricostruzione del legamento crociato anteriore e all’omessa diagnosi circa le complicazioni derivanti dalla predetta operazione.
All’esito dell’istruttoria, le domande attoree risultano parzialmente fondate e devono pertanto essere accolte nei termini che seguono.
Preliminarmente, si rende opportuno precisare che ai fatti oggetto del presente giudizio, posti in essere dal dicembre del 2011 al marzo del 2012, ossia in un momento precedente all’entrata in vigore della c.d. legge Balduzzi (d.l. 158/2012, convertito nella l. n. 189/2012) e della c.d. Gelli-Bianco (l. n. 24/2017), risultano applicabili i principi sanciti dalla giurisprudenza della Suprema Corte in materia di responsabilità medico-sanitaria.
A tal proposito, giova rilevare che la responsabilità della struttura sanitaria è qualificabile in termini di responsabilità contrattuale, derivante dalla stipulazione del contratto di spedalità concluso con paziente al momento della sua accettazione presso la struttura ospedaliera.
Diversamente, la responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, alla luce degli insegnamenti della Corte di Cassazione precedenti all’entrata in vigore delle suddette normative, è definibile in termini di responsabilità da contatto sociale qualificato ovvero, laddove il paziente abbia stipulato con il medico un contratto d’opera professionale, in termini di responsabilità contrattuale.
Con riferimento alla ripartizione dell’onere della prova, ai fini della configurabilità di tali forme di responsabilità è necessario che il paziente provi l’esistenza di un contratto ovvero di un contatto sociale qualificato e l’insorgenza o l’aggravamento di una patologia, limitandosi ad allegare un inadempimento, imputabile alla struttura sanitaria o al medico, che risulti astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato; spetta, invece, alla struttura sanitaria o al medico provare che l’inadempimento non ha avuto luogo, che gli esiti peggiorativi sono stati determinati da un evento imprevisto o imprevedibile ovvero che il lamentato inadempimento non è qualificabile come causa del danno subito.
Compiute tali premesse, si osserva che dai documenti prodotti in giudizio (Copia Cartella Clinica della Casa di Cura XXXX, allegata all’atto di citazione) risulta provata l’esistenza di un rapporto di prestazione medica professionale tra l’attore e la Casa di Cura XXXX nonché tra l’attore e il dottor BBBB, instaurato in data 9.12.2011 e protrattosi fino al momento della dimissione del paziente in data 12.12.20122.
A tale documentazione si aggiunge quella relativa agli esami e alle visite effettuate dall’attore successivamente all’intervento chirurgico (Copia referto r.m. del 14.2.1012, allegata all’atto di citazione; Copia certificato dott. Prof. BBBB dell’8.3.2012, allegata all’atto di citazione), dalle quali risultano dimostrati gli ulteriori contatti intercorsi tra l’attore e i convenuti.
Il AAAA ha allegato le condotte qualificabili in termini di inadempimento contrattuale, consistite nel posizionamento di una vite di lunghezza eccessiva in occasione dell’intervento chirurgico di ricostruzione del legamento crociato anteriore del ginocchio destro e nella successiva omessa tempestiva diagnosi della suddetta problematica, dai quali sarebbero derivati i danni dei quali l’attore domanda ristoro.
Tali condotte, indicate sin dall’atto di citazione, sono meglio specificate nella relazione medica di parte (Consulenza specialistica medico legale, redatta dal dott. V.C., allegata all’atto di citazione) prodotta dall’attore, nella quale l’inadempimento dei convenuti è individuato nella “erronea misurazione intra-operatoria della vite ad interferenza utilizzata per fissare il neo-legamento al tunnel tibiale” nonché nella “mancata diagnosi nei successivi controlli ambulatoriali presso Villa Stuart, nonostante il Periziando evidenziasse di volta in volta il suo dolore con sensazione di scatto all’interno del ginocchio e della limitazione articolare nonché zoppia alla deambulazione”.
In risposta a tali contestazioni, il BBBB ha dedotto che la vite utilizzata per l’operazione chirurgica, avente una lunghezza di 28 mm, sarebbe tra le più corte esistenti e, all’esito dell’intervento, avrebbe avuto una sporgenza minima di circa 0,5 – 0,8 mm (calcolata dal piano cartilagineo e fibroso), precisando che tale evenienza non costituirebbe una complicazione di rilevanza clinica né un errore operatorio e che le viti sporgenti di pochi millimetri potrebbero essere lasciate in loco.
In merito all’omessa diagnosi della problematica, il convenuto ha esposto che l’attore avrebbe riferito una sintomatologia dolorosa aspecifica, che la valutazione funzionale avrebbe evidenziato un’articolarità completa, un deficit di forza muscolare del quadricipite del 28% ed un lieve deficit di forza nel salto e che la prova stabilometrica avrebbe evidenziato una completa simmetricità con l’arto sano.
La convenuta OMISSIS s.p.a. e la terza chiamata Unipolsai Assicurazioni s.p.a. hanno fatto proprie le difese del BBBB.
Si è reso, pertanto, necessario l’espletamento di una CTU medico legale, all’esito della quale sono risultati sussistente nel caso di specie profili di malpractice medica.
La relazione medico legale del CTU P.C., Specialista in Ortopedia e Traumatologia, è stata condotta con rigore logico, è apparsa priva di vizi logico-argomentativi nonché aderente alla documentazione in atti (Relazione medico legale del Consulente Tecnico d’ufficio Dott. P.C.) ed è pertanto condivisibile nelle conclusioni ivi rassegnate.
Dopo aver analizzato la documentazione sanitaria prodotta e aver visitato l’attore, il CTU ha osservato che “Il trattamento prescelto è risultato essere corretto, idoneo ed applicabile nel caso concreto” (pag. 9 della Relazione medico legale) e che “Le cure e l’iter terapeutico prescelti si possono ritenere astrattamente adeguate rispetto al caso specifico” (pag. 9 della Relazione medico legale) aggiungendo che “la diagnosi fu correttamente formulata ed i rimedi praticati idonei secondo la migliore scienza ed esperienza medico-chirurgica dell’epoca” (pag. 9 della Relazione medico legale).
In merito all’esecuzione del trattamento, il CTU ha rilevato che l’intervento “è stato eseguito in conformità delle metodiche medico-chirurgiche stabilite dalla prassi e dalla scienza medica dell’epoca” (pag. 9 della Relazione medico legale) e che “nella descrizione dell’intervento chirurgico non si sono evidenziate difficoltà originarie o sopravvenute” (pag. 9 della Relazione medico legale).
Tuttavia, il CTU ha precisato “sono residuati postumi diversi da quelli normalmente ricollegabili al trattamento sanitario correttamente praticato” (pag. 9 della Relazione medico legale) e che “Nel corso dell’intervento chirurgico praticato si realizzò nella fase di fissaggio della vite ad interferenza tibiale un errato posizionamento che comportò una procidenza della stessa all’interno della cavità articolare del ginocchio” (pag. 10 della Relazione medico legale).
Con riferimento a tale ultimo aspetto, il CTU ha messo in evidenza che “Tale procidenza ha influito sulla dinamica articolare dell’articolazione comportando dolore e limitazione funzionale del ginocchio ed una condropatia della superficie articolare femorale contrapposta con conseguente edema della spongiosa ossea e formazione di un osteofita reattivo” (pag. 10 della Relazione medico legale) e che tale condizione ha determinato una “sintomatologia dolorosa al ginocchio destro con limitazione articolare antalgica” (pag. 10 della Relazione medico legale), che si sarebbe progressivamente ridotta in seguito alla rimozione della vite tibiale.
Pertanto, il CTU ha concluso nel senso che l’errato posizionamento della vite ad interferenza tibiale abbia determinato un’invalidità permanente pari al 2%, un’inabilità temporanea assoluta di 2 giorni ed un’inabilità temporanea parziale al 75% di 88 giorni.
I CTP hanno depositato delle note critiche.
In particolare, i CTP del convenuto BBBB e della terza chiamata Unipolsai Assicurazioni s.p.a. hanno lamentato la contraddittorietà della relazione del CTU, deducendo che la valutazione ivi contenuta – nell’ambito della quale il trattamento medico chirurgico sarebbe stato valutato come conforme alle metodiche medico chirurgiche stabilite dalla prassi e dalla scienza medica dell’epoca e l’intervento sarebbe stato descritto come privo di difficoltà originarie o sopravvenute – apparirebbe in contrasto le conclusioni rassegnate, nelle quali sono messe in evidenza delle criticità nell’operato del BBBB.
In altri termini, i predetti CTP hanno lamentato che le conclusioni della suddetta relazione sarebbero disarmoniche rispetto alla valutazione preliminare.
Inoltre, gli stessi hanno contestato l’esistenza di un danno biologico permanente del 2%, rappresentando che, come rilevato dallo stesso CTU, in seguito al secondo intervento le condizioni cliniche dell’attore sarebbero corrispondenti a quelle standard di un intervento correttamente eseguito.
Il CTP dell’attore, invece, ha criticato la valutazione realizzata del CTU in merito del pregiudizio non patrimoniale subito, evidenziando che il danno permanente dovrebbe essere valutato almeno nella misura del 3%.
Inoltre, in merito al danno di natura temporanea, il predetto CTP ha sostenuto che dovrebbe essere riconosciuto almeno un altro periodo di inabilità al 50% pari ad ulteriori 60 giorni, dal momento che il lasso di tempo intercorrente tra i due interventi è stato pari a circa 17 mesi e che durante tale periodo il AAAA ha continuamente accusato dolore e limitazione articolare.
In risposta alle note critiche depositate dai CTP, il CTU ha ribadito le conclusioni già rassegnate, chiarendo che la asserita contraddittorietà delle risposte fornite ai quesiti sarebbe solo apparente e si giustificherebbe alla luce del fatto che “pur in presenza di una corretta tecnica chirurgica con assenza di difficoltà originarie o sopraggiunte, si è verificato un errore tecnico nella scelta del posizionamento della vite tibiale che…è procidente in articolazione ed ha causato un danno cartilagineo condiloideo femorale” precisando che “Si conferma che l’intervento di ricostruzione legamentosa è stato ben eseguito e lo confermano le attuali condizioni cliniche, malgrado ciò si commise un posizionamento errato della vite distale, la problematica fu risolta dalla rimozione della vite, che però nel frattempo aveva prodotto dei danni anatomici sulla superficie articolare femorale” (pag. 3 della Risposte ed argomentazioni alle note critiche trasmesse dai CTP alla bozza peritale del CTU).
In merito alle conclusioni relative al danno biologico sofferto, il CTU ha specificato che l’invalidità permanente è stata valutata “esclusivamente in relazione al danno cartilagineo femorale ed alla formazione di un osteofita documentato dalla RMN” (pag. 3 della Risposte ed argomentazioni alle note critiche trasmesse dai CTP alla bozza peritale del CTU).
Infine, soffermandosi sulle spese mediche sostenute, il CTU ha ritenuto “congrue e necessarie quelle relative al secondo intervento chirurgico ed alle cure riabilitative che ne sono conseguite” (pag. 14 della Relazione medico legale).
Alla luce di quanto esposto in maniera chiara e motivata dal CTU, deve ritenersi che nel caso di specie sussistano profili di responsabilità professionale e il nesso causale tra l’operato del P.P.M. e i danni lamentati dall’attore.
Prima di procedere alla liquidazione dei danni subiti dall’attore, occorre esaminare la fondatezza dell’eccezione sollevata dalla OMISSIS s.p.a., la quale ha dedotto di non poter rispondere dell’operato del BBBB in quanto lo stesso avrebbe prestato la propria attività all’interno della Casa di Cura XXXX come libero professionista.
In particolare, la convenuta ha dedotto che il AAAA avrebbe stipulato due contratti distinti con il BBBB e con la Casa di Cura XXXX, rappresentando che il primo negozio avrebbe avuto ad oggetto l’intervento chirurgico svolto e le cure somministrate mentre il secondo negozio avrebbe avuto ad oggetto esclusivamente le prestazioni accessorie.
A supporto di tale assunto, la OMISSIS s.p.a. ha messo in evidenza che, al momento dell’ingresso nella predetta struttura sanitaria, l’attore avrebbe sottoscritto una dichiarazione (risultante dalla Copia della Cartella clinica della Casa di Cura XXXX, allegata all’atto di citazione) con la quale avrebbe affermato di essersi autonomamente rivolto al dottor BBBB per l’esecuzione dell’intervento e di essere a conoscenza del fatto che “il medico non è un dipendente ne? un collaboratore ne? ausiliario della OMISSIS s.p.a. e svolge la sua attività di libero professionista in piena autonomia utilizzando i locali e le attrezzature della casa di cura…. la OMISSIS è responsabile per le sole prestazioni di cui alle lettera a-b-c-d [utilizzo della sala operatoria e macchinari; fornitura dei medicinali; fornitura delle camere da letto per la degenza; assistenza del personale paramedico] mentre la stessa è estranea al rapporto, relativo all’intervento e alle cure mediche pre e post operatorie, intercorso fra me e il sanitario curante che è il solo responsabile…dell’esecuzione dell’intervento e delle cure mediche prestate, della terapia o dei farmaci somministrati nonche? delle modalità e delle tecniche con le quali condurrà l’intervento o effettuerà le altre attività medico e cliniche”.
A fronte dell’eccezione sollevata, il BBBB ha rappresentato di essere titolare di un rapporto lavorativo diretto con la Casa di Cura XXXX, mettendo in evidenza che ciò emergerebbe anche dalla circostanza che i pagamenti effettuati dai pazienti verrebbero effettuati in favore della struttura privata e non in favore dei medici operanti all’interno della stessa.
Tanto premesso, si rileva che l’eccezione formulata dalla OMISSIS s.p.a., diretta a dimostrare la propria estraneità ai fatti di causa, non merita accoglimento.
Alla luce dei principi soprarichiamati, enunciati dalla Suprema Corte di Cassazione, l’accettazione di un paziente presso una struttura ospedaliera, ai fini di un ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto atipico c.d. di spedalità, che fa sorgere in capo alla struttura un’obbligazione di assistenza sanitaria che comprende al proprio interno la prestazione medica ed obblighi di protezione ed accessori, tra i quali l’obbligo di garantire locali salubri ed idonei, di mettere a disposizione personale qualificato e strutture adeguate nonché l’assistenza post operatoria e la somministrazione del vitto.
Da ciò discende che la responsabilità della struttura sanitaria (pubblica o privata) nei confronti del paziente può derivare, ai sensi dell’art. 1218 c.c., dall’inadempimento delle obbligazioni poste a suo carico e, ai sensi dell’art. 1228 c.c., dell’inadempimento della prestazione medico professionale svolta dal sanitario che agisca in veste di suo ausiliario.
A tal proposito, come più volte precisato dalla Suprema Corte, la struttura sanitaria risponde dell’operato del medico anche laddove quest’ultimo non sia qualificabile quale lavoratore subordinato, purché ci sia un collegamento tra la prestazione effettuata dal sanitario e l’organizzazione della struttura medesima, non assumendo alcuna rilevanza la circostanza che il medico sia “di fiducia” del paziente ovvero che sia stato scelto dallo stesso (ex multis, Cass., Sez. III, n. 13953/2007: “Il rapporto che si instaura tra paziente e casa di cura (o ente ospedaliero) ha la sua fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell’obbligazione al pagamento del corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente, dall’assicuratore, dal S.s.n. o da altro ente), insorgono a carico della casa di cura (o dell’ente), accanto a quelli di tipo “lato sensu” alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze. Ne consegue che la responsabilità della casa di cura (o dell’ente) nei confronti del paziente ha natura contrattuale e può conseguire, ai sensi dell’art. 1218 c.c., all’inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, nonché, in virtù dell’art. 1228 c.c., all’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando in contrario al riguardo la circostanza che il sanitario risulti essere anche “di fiducia” dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto”).
Nel caso di specie, alla luce delle risultanze istruttorie, risulta provato il collegamento esistente tra la prestazione effettuata dal BBBB e l’organizzazione della Casa di Cura XXXX.
In tal senso depongono innanzitutto le fatture prodotte da parte attrice (Copia delle fatture numeri 62004/2011, 62007/2011, AV 6812/2012, AV11481/2012 e AV 1694/2012, allegate all’atto di citazione), dalle quali emerge che il destinatario dei pagamenti effettuati è la società convenuta e non il medico.
A ciò si aggiunge che dalla documentazione prodotta in giudizio (documento allegato alla memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c. di parte attrice, consistente in un estratto dal sito internet della Casa di Cura XXXX) risulta che il BBBB venisse qualificato dalla stessa struttura sanitaria quale responsabile dell’équipe medica nel settore di Ortopedia e Traumatologia.
Pertanto, risulta provato che il convenuto prestasse la propria attività medica quale ausiliario della Casa di Cura XXXX.
In tale contesto si ritiene che la dichiarazione sottoscritta dall’attore ed allegata alla Cartella Clinica della predetta struttura sanitaria non sia idonea ad esonerare l’OMISSIS s.p.a. della responsabilità derivante dall’inadempimento del BBBB, dal quale discendono i danni dei quali l’attore domanda ristoro.
Ciò in quanto si osserva che la documentazione prodotta in atti (documento allegato alla comparsa di costituzione e risposta di OMISSIS s.p.a.) nonché contenuta nella cartella clinica prodotta da parte attrice a ben vedere non contiene una clausola di esonero di responsabilità nei confronti di OMISSIS s.p.a.
Infatti, dalla lettura della predetta dichiarazione – contenuta in un modulo prestampato predisposto dalla clinica privata e sottoscritto dal paziente – emerge soltanto che il paziente dichiara di essere a conoscenza dell’oggetto delle prestazioni svolte dai convenuti.
In ogni caso, anche a voler considerare il predetto modulo quale contenente un patto di esonero della responsabilità in favore dell’OMISSIS s.p.a., tale clausola dovrebbe essere ritenuta nulla ai sensi dell’art. 1229, comma 2, c.c., non potendosi dubitare che tra gli obblighi derivanti da norme di ordine pubblico siano ricompresi quelli relativi alla salvaguardia dell’altrui integrità fisica o morale.
Si osserva inoltre, sul punto, che in assenza dell’opera professionale del personale medico, sia pure non legato alla Casa di Cura da un rapporto di lavoro di carattere subordinato, la Casa di Cura sarebbe impossibilitata a svolgere la propria attività di assistenza di carattere sanitario.
Da ciò discende che l’OMISSIS s.p.a. risponde, sensi dell’art. 1228 c.c., dell’inadempimento della prestazione sanitaria addebitabile al BBBB.
In merito alla quantificazione del danno, in aderenza alle conclusioni rassegnate dal CTU, che si ritengono condivisibili per le ragioni sopracitate, il danno biologico subito dall’attore è pari ad un’invalidità permanente del 2%, ad un’inabilità temporanea assoluta di 2 giorni e ad un’inabilità temporanea parziale al 75% di 88 giorni.
Trattandosi di una lesione micropermanente, il risarcimento del danno biologico va operato alla stregua dell’art. 139 del codice delle assicurazioni (d.lgs. n. 209/2005), tenuto conto che all’epoca del sinistro l’attore aveva 23 anni.
Pertanto, si stima equo liquidare l’importo complessivo di € 4.904,2 a titolo di danno biologico, come risultante dalla sommatoria di € 1.674,95 a titolo di invalidità permanente e di € 3.229,32 per l’invalidità temporanea – assoluta e parziale al 75 % – sofferta (€ 94,98 per l’I.T.A. e € 3.134,34 per l’I.T.P. al 75%).
Tale somma deve essere aumentata del 10%, ossia dell’importo di € 490,42, al fine di garantire un risarcimento integrale del danno non patrimoniale, comprensivo anche dei pregiudizi sostanzianti il c.d. danno morale (dolori, sofferenze, disagi, patimenti d’animo).
e’, infatti, noto che la Suprema Corte con sentenza S.U. n. 26972/2008 ha statuito, senza negare l’esistenza dei danni tradizionalmente definiti “per comodità di sintesi” biologico, morale ed esistenziale, che, al fine di evitare duplicazioni di risarcimento, non può procedersi alla distinta attribuzione del danno biologico e del danno morale o del danno c.d. esistenziale, quali autonome voci di danno, ma che “il giudice dovrà qualora si avvalga delle note tabelle” (intendendosi quelle giurisprudenziali), “procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza”.
Si ritiene, quindi, equo maggiorare il danno biologico complessivo, nella misura sopra indicata, tenuto conto che il danno morale è incontestabilmente dovuto al danneggiato, integrando il fatto una violazione di diritti costituzionalmente rilevanti e nella specie del diritto alla salute.
Si precisa che la percentuale applicata per il calcolo del danno morale è stata determinata in considerazione dell’età dell’attore e della natura dei danni riscontrati.
Pertanto, il danno non patrimoniale subito deve essere quantificato nella somma di € 5.394,62 (pari alla somma di € 4.904,2, a titolo di danno biologico e € 490,42 a titolo di danno morale).
In merito ai danni patrimoniali, merita accoglimento la domanda attorea volta ad ottenere il risarcimento del danno patito in ragione delle spese mediche sostenute in conseguenza dell’intervento chirurgico.
Il riferimento è innanzitutto alle spese mediche che il CTU ha ritenuto “congrue e necessarie” e che, in base alla documentazione prodotta in giudizio, ammontano ad € 634,09 (corrispondenti a € 407,29 per la RM del 14.2.2012; € 101,80 per la visita ortopedica dell’8.3.2012; € 125,00 per le spese di riabilitazione successive al secondo intervento), cifra che appare equo, in ragione del tempo decorso dall’esborso, rivalutare in € 668,33.
Merita, altresì, accoglimento la domanda attorea volta alla restituzione delle somme versate per la riabilitazione successiva al primo intervento, quantificate in € 1.215,00 (Copia spese di riabilitazione, allegata all’atto di citazione), cifra che appare equo, in ragione del tempo decorso dall’esborso, rivalutare in € 1.285,47.
A tal proposito si osserva che il percorso riabilitativo in concreto effettuato dal AAAA ha subito gli effetti dell’errore compiuto nell’esecuzione dell’intervento chirurgico, con la conseguenza che le spese mediche sostenute devono ritenersi conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento del BBBB.
Con riguardo alle spese di consulenza stragiudiziale medico-legale, si osserva che, pur non potendo essere qualificate come “spese mediche”, secondo l’accezione accolta dalla giurisprudenza di legittimità (S.U, 10.7.2017 n.16990) integrano una voce di danno emergente che, ove provata, deve essere risarcita all’attore, salvo trattarsi di spese inutili – secondo una valutazione ex ante – ai fini del presente giudizio.
Tenuto conto che controparte non ha specificamente contestato che l’attore abbia corrisposto la somma di cui alla ricevuta n. 5749/2013 prodotta nel presente giudizio (Copia ricevuta di pagamento, allegata all’atto di citazione) la deminutio patrimonii subita dall’attore costituisce fatto pacifico tra le parti e deve essere risarcito.
Tale importo, di € 5.000,00 deve essere rivalutato in € 5.135,00.
Per tutte le osservazioni sopra svolte, la somma complessivamente dovuta all’attore a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti è pari ad € 12.483,42 (corrispondenti ad € 5.394,62 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale ed € 7.088,8 a titolo di risarcimento del danno patrimoniale).
Occorre soffermarsi sulla domanda dell’attore, diretta ad ottenere la condanna dei convenuti al pagamento della somma di € 18.299,98 “quale corrispettivo pagato ad OMISSIS s.p.a. per la degenza in clinica e per l’intervento operatorio”.
Preliminarmente si rende opportuno precisare che la pretesa non può essere interpretata quale domanda di restituzione di una somma di denaro, essendo stata espressamente qualificata dall’attore in termini di domanda di risarcimento del danno.
Conseguentemente, alla luce della predetta formulazione, non è si può ritenere che sia stata neppur implicitamente proposta una domanda di risoluzione del vincolo contrattuale, che costituisce il presupposto indefettibile dell’insorgenza dell’obbligo restitutorio.
Tanto premesso, si osserva che la pretesa attorea diretta ad ottenere la predetta somma di denaro a titolo di risarcimento del danno non è meritevole di accoglimento per i motivi di seguito esposti.
Come rilevato dal CTU, nonostante l’errato posizionamento della vite utilizzata, che ha comportato una procidenza della stessa (eliminata con la seconda operazione), “il trattamento prescelto è risultato essere corretto, idoneo ed applicabile al caso concreto…le cure e l’iter terapeutico prescelti si possono ritenere astrattamente adeguate rispetto al caso specifico, la diagnosi fu correttamente formulata ed i rimedi praticati idonei secondo la migliore scienza ed esperienza medico-chirurgica dell’epoca…il trattamento medico-chirurgico effettuato nei confronti del periziato è stato eseguito in conformità delle metodiche medico-chirurgico stabilite dalla prassi e dalla scienza medica dell’epoca, nella descrizione dell’intervento chirurgico non si sono evidenziate difficoltà originarie o sopravvenute” (pag. 9 della Relazione del CTU).
Il pagamento, pertanto, non risulta essere stato effettuato senza causa e la deminutio patrimonii lamentata dall’attore risulta essere giustificata, essendo stato raggiunto il risultato di ricostruzione del legamento crociato anteriore del ginocchio destro.
Inoltre, occorre tenere presente che i postumi dell’intervento – valutati dal CTU “esclusivamente in relazione al danno cartilagineo femorale ed alla formazione di un osteofita” – sono stati riparati mediante il riconoscimento del danno non patrimoniale (biologico e morale) subito nonché del pregiudizio patrimoniale patito, quantificato tenendo conto delle spese qualificabili in termini di conseguenza immediata e diretta dell’evento lesivo.
Pertanto, la domanda attorea, diretta ad ottenere il risarcimento del danno patrimoniale derivante dal pagamento del corrispettivo per l’intervento di chirurgico effettuato dal BBBB e per la degenza presso la Casa di Cura XXXX, deve essere rigettata.
Infine, si rende necessario esaminare la fondatezza dell’eccezione sollevata dalla terza chiamata Unipolsai Assicurazioni s.p.a., la quale ha dedotto che la polizza stipulata dal BBBB sarebbe “prestata a secondo rischio” ed opererebbe solo nell’ipotesi in cui il massimale previsto nella polizza stipulata dall’OMISSIS s.p.a. non fosse sufficiente a coprire l’intera entità del danno patito dall’attore.
Non essendo individuabile nel caso di specie una compagnia assicurativa che risponda “a primo rischio” e mancando conseguentemente i presupposti per l’operatività in concreto della clausola invocata dalla Unipolsai Assicurazioni s.p.a., l’eccezione dalla stessa formulata deve essere rigettata.
Pertanto, risulta accertato il diritto di BBBB ad essere manlevato dalla Unipolsai Assicurazioni s.p.a. di quanto sarà chiamato a corrispondere alla parte attrice in adempimento della presente sentenza, nei limiti e alle condizioni di cui alla polizza n. ..
In applicazione del principio della soccombenza sono poste a carico dei convenuti soccombenti le spese di lite, da quantificarsi in € 4.835,00 a titolo di compenso ed € 786,00 a titolo di spese documentale, oltre al rimborso forfettario per spese generali al 15%, IVA e c.p.a.
Le spese di CTU sono poste definitivamente a carico dei convenuti soccombenti.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da AAAA nei confronti di OMISSIS s.p.a. e BBBB, disattesa ogni contraria istanza, eccezione o deduzione:
1) in parziale accoglimento delle domande proposte da AAAA, condanna OMISSIS s.p.a. e BBBB, in solido tra loro, al risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale, subito dall’attore, quantificato in € 12.243,71, oltre agli interessi legali dal deposito della sentenza all’integrale soddisfo;
2) condanna OMISSIS s.p.a. e BBBB, in solido tra loro, al pagamento, in favore di AAAA., delle spese di lite, da quantificarsi in € 4.835,00 a titolo di compenso ed € 786,00 a titolo di spese documentale, oltre al rimborso forfettario per spese generali al 15%, IVA e c.p.a.;
3) pone definitivamente a carico di OMISSIS s.p.a. e BBBB, in solido tra loro, le spese di CTU;
4) accerta il diritto di BBBB ad essere manlevato dalla Unipolsai Assicurazioni s.p.a. di quanto sarà chiamato a corrispondere alla parte attrice in adempimento della presente sentenza, nei limiti e alle condizioni di cui alla polizza n. ..
Roma, 6.3.2020