responsabilità infermiere struttura privata per manomissione cartella infermieristica

10/03/2020 n. 9393 - Cassazione penale - sez. V (ud. 16/12/2019, dep. 10/03/2020)

L’infermiere in ragione dell’attività espletata, riveste la qualità di incaricato di pubblico servizio, in quanto tale attività persegue finalità pubbliche di rilievo costituzionale, garantendo il diritto alla salute, ai sensi dell’art. 32 Cost. e, come evidenziato dalla L. n. 251 del 2000, art. 1 si inscrive appunto in un’attività diretta alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva.

Due in infermieri hanno falsificato la scheda infermieristica indicando di avere effettuato il controllo dei valori della diuresi e delle verifiche posturali.

Il primo quale materiale esecutore ed il secondo quale istigatore, attestato falsamente nelle schede infermieristiche i valori della diuresi e delle verifiche posturali eseguite su alcuni pazienti, nonchè il primo, sempre su istigazione del secondo, apponendo su tali schede anche la firma del secondo.

L ‘infermiere in ragione dell’attività espletata, riveste la qualità di incaricato di pubblico servizio, in quanto tale attività persegue finalità pubbliche di rilievo costituzionale, garantendo il diritto alla salute, ai sensi dell’art. 32 Cost. e, come evidenziato dalla L. n. 251 del 2000, art. 1 si inscrive appunto in un’attività diretta alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva.

Questo anche se operano in struttura privata – Più volte questa Corte ha evidenziato come debba essere riconosciuta la qualifica di incaricati di un pubblico servizio ad infermieri ed operatori tecnici addetti all’assistenza, con rapporto diretto e personale, del malato .Tale inquadramento non risulta scalfito dal fatto che l’espletamento di tale attività sanitaria avvenga in strutture private accreditate (come quella nella quale si sono svolti i fatti, secondo l’elenco pubblicato dalla ASL , ovvero che per essa si sia fatto ricorso a strumenti privatistici, o comunque che la disciplina del rapporto di lavoro sia retta dalle norme del codice civile, poichè la rilevanza pubblica dell’attività svolta non risulta eliminata, siccome determinata dalle oggettive finalità di tutela e dal rapporto diretto e personale dell’infermiere con il malato (arg. ex. Sez. 2, n. 769 dell’11/11/2005, Rv. 232989).

Nel momento in cui l’infermiere redige la cartella infermieristica esercita anche un’attività amministrativa con poteri certificativi assimilabili a quelli del Pubblico Ufficiale.

Le false attestazioni circa i valori della diuresi e delle verifiche posturali dei pazienti apposte nelle schede infermieristiche oggetto di contestazione devono dunque ritenersi ideologicamente false, ai sensi degli artt. 476-479 c.p.

1.Con sentenza dell’11.12.2018 la Corte d’Appello di Salerno ha confermato la sentenza del Tribunale di Salerno del 20.06.2017 di condanna di Omissis. e Omissis alla pena di mesi nove di reclusione, per i reati di cui agli artt. 81 cpv., 476 e 479 c.p. per avere entrambi, quali infermieri della casa di cura, Campolongo Hospital s.p.a., il primo quale materiale esecutore ed il secondo quale istigatore, attestato falsamente nelle schede infermieristiche i valori della diuresi e delle verifiche posturali eseguite su alcuni pazienti, nonchè il primo, sempre su istigazione del secondo, apponendo su tali schede anche la firma del secondo.

2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del difensore di fiducia, lamentando con due motivi:

-con il primo motivo, l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), avendo la Corte territoriale errato nel ritenere che i due imputati fossero investiti di funzioni pubblicistiche rilevanti ex art. 357 c.p.: se ciò può valere per gli infermieri delle strutture pubbliche con riferimento alla compilazione delle cartelle cliniche, da considerarsi alla stregua di atti pubblici, a diversa soluzione deve pervenirsi relativamente alle cartelle redatte dal personale di strutture non accreditate con il servizio sanitario nazionale, assimilabili a mere scritture private, redatte e conservate al fine di promemoria dell’attività svolta; da ciò consegue l’insussistenza del reato contestato, potendosi al più parlare del reato di cui all’art. 485 c.p., depenalizzato;

-con il secondo motivo, la carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e); invero la prova risulta travisata la prova, atteso che la teste P., esperta in grafologia, ha riconosciuto la falsità delle firme apposte a nome di M.M. sui fogli infermieristici, ma non ha riferito le stesse al F. e gli infermieri di turno al momento del fatto erano quattro; tali firme sono state ricondotte alla mano del F., considerato autore di queste, soltanto per la circostanza fortuita di essere stato colto nella disponibilità delle schede infermieristiche.

3. In data 9.12.2019 la Casa di Cura Campolongo Hospital s.p.a., a mezzo del difensore, ha depositato memoria con la quale ha concluso per l’inammissibilità od infondatezza dei ricorsi, non confrontandosi con il nucleo delle argomentazioni della sentenza impugnata.

 IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili, siccome manifestamente infondati.

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, atteso che gli imputati non si confrontano con la natura delle funzioni da essi esercitate e con la natura degli atti (schede infermieristiche) da essi falsamente redatte.

1.1. Ed invero, l’infermiere in ragione dell’attività espletata, riveste la qualità di incaricato di pubblico servizio, in quanto tale attività persegue finalità pubbliche di rilievo costituzionale, garantendo il diritto alla salute, ai sensi dell’art. 32 Cost. e, come evidenziato dalla L. n. 251 del 2000, art. 1 si inscrive appunto in un’attività diretta alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva.

1.2. Più volte questa Corte ha evidenziato come debba essere riconosciuta la qualifica di incaricati di un pubblico servizio ad infermieri ed operatori tecnici addetti all’assistenza, con rapporto diretto e personale, del malato (Rv. 204520). Tale inquadramento non risulta scalfito dal fatto che l’espletamento di tale attività sanitaria avvenga in strutture private accreditate (come quella nella quale si sono svolti i fatti, secondo l’elenco pubblicato dalla ASL di (OMISSIS)), ovvero che per essa si sia fatto ricorso a strumenti privatistici, o comunque che la disciplina del rapporto di lavoro sia retta dalle norme del codice civile, poichè la rilevanza pubblica dell’attività svolta non risulta eliminata, siccome determinata dalle oggettive finalità di tutela e dal rapporto diretto e personale dell’infermiere con il malato (arg. ex. Sez. 2, n. 769 dell’11/11/2005, Rv. 232989).

Nel momento in cui l’infermiere redige la cartella infermieristica esercita anche un’attività amministrativa con poteri certificativi assimilabili a quelli del P.U..

Solo quando l’attività svolta dagli infermieri – per la quale viene percepito un corrispettivo, risulti estranea alle attribuzioni di ufficio ed al particolare rapporto intercorrente con il malato, siccome compiuta nell’esercizio della loro professione sanitaria – può parlarsi di attività svolta da persone esercenti un servizio di pubblica necessità, la cui falsificazione è punita a norma dell’art. 481 c.p..

1.3.Nel contesto indicato correttamente agli imputati sono stati ascritti i reati di cui agli artt. 476 e 479 c.p. per le false attestazioni descritte nelle imputazioni, proprio perché, come accennato, l’incaricato di un pubblico servizio, nel momento in cui compila la cartella infermieristica o le schede che la compongono – atti pubblici destinati a confluire nella cartella clinica, per quanto si dirà esercita poteri certificativi connessi alla sua attività, che si esplicano attraverso il rilascio di documenti aventi efficacia probatoria. Peraltro, la disposizione dell’art. 493 c.p. non dilata l’area degli atti pubblici (sono tali solo quelli formati nell’esercizio di una pubblica funzione), ma equipara quelli redatti dagli incaricati di un pubblico servizio agli atti pubblici, estendendo ai primi la tutela penale predisposta per i secondi.

1.4. La cartella infermieristica e le schede che la compongono, contiene la registrazione dei dati, dei rilievi effettuati, delle informazioni raccolte, e l’insieme dei documenti di pertinenza infermieristica in relazione ad un determinato paziente, contribuendo ad assicurare il piano di assistenza personalizzato dello stesso. La cartella infermieristica e le schede che di essa fanno parte è componente integrante della cartella clinica, in quanto completa la documentazione sanitaria del paziente e andrà ricongiunta con l’archiviazione, ad essa. Costituendo, dunque, parte integrante della cartella clinica ne condivide la natura di atto pubblico munito di fede privilegiata (Sez. 5, n. 31858 del 16/04/2009 Rv. 244907), con riferimento alla sua provenienza e ai fatti da questi attestati come avvenuti in presenza dell’autore.

Le false attestazioni circa i valori della diuresi e delle verifiche posturali dei pazienti apposte nelle schede infermieristiche oggetto di contestazione devono dunque ritenersi ideologicamente false, ai sensi degli artt. 476-479 c.p..

2. Manifestamente infondato si presenta il secondo motivo di ricorso, circa la non riferibilità al F. delle false annotazioni e firme apposte a nome di ” M.M.” sui fogli infermieristici. In proposito, i ricorrenti non si confrontano con quanto evidenziato nella sentenza impugnata, che ha ritenuto corretto il percorso logico seguito dal primo giudice, in merito alla riferibilità ad entrambi gli imputati delle false attestazioni contestate. In proposito, quanto al F., la Corte territoriale, senza incorrere in vizi, ha ritenuto l’imputato autore materiale dei falsi sulla base: 1) delle dichiarazioni rese dalla Dott.ssa C., medico in servizio presso la Casa di Cura, la quale ebbe a sorprendere il F. con le schede tra le mani, e insospettitasi provvedeva a controllare uno dei pazienti ricoverati, verificando così che la quantità urine raccolte nella sacca era diversa da quella riportata nella scheda; inoltre, risultava già annotato il dato della diuresi del paziente in ordine alle ore notturne, però ancora non trascorse, mentre la firma apposta sulla scheda era quella del M., ancora non in servizio; 2) dell’accertamento grafologico dal quale è emersa la falsità delle annotazioni apposte sulle schede a firma del M.; 3) delle ammissioni degli stessi imputati, che hanno confermato nelle lettere di risposta alla contestazione disciplinare i fatti oggetto di imputazioni, tanto che il giudice del lavoro ha ritenuto sussistente la giusta causa di licenziamento. A fronte di tali valutazioni il F. ha sviluppato censure del tutto generiche e pertanto inammissibili. Sul punto vale la pena richiamare i principi più volte espressi da questa Corte, secondo cui i motivi devono ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato. (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013).

3. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè, trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile a colpa dei ricorrenti (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento a favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare per ciascuno in Euro tremila a favore della Cassa delle Ammende, oltre alla rifusione delle spese della parte civile liquidate in complessivi Euro tremilacinquecento oltre accessori.

P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno a favore della Cassa delle Ammende, oltre alla rifusione delle spese della parte civile liquidate in complessivi Euro tremilacinquecento oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2020