Rissa in sala operatoria e il paziente esce con una pinza nella pancia. Medici e infermieri condannati per danno erariale

13/03/2023 n. 74 - Corte dei Conti Toscana

Nel corso di un’operazione si avvicendarono due turni d’infermieri. Erano anche presenti in sala operatoria per tutta la durata dell’intervento due infermiere tirocinanti a fini di formazione che furono giudicati estranei ai fatti in quanto semplici spettatori.
All’inizio dell’operazione vennero contate le garze e 7 set chirurgici ma non il numero globale dei ferri.

Il commento

È ormai consolidata la giurisprudenza secondo cui per i danni cagionati al paziente nel corso di interventi operatori risponde l’intera équipe medica e infermieristica, stante la natura dell’attività, che vede coinvolti tutti i partecipanti e che richiede che sia adoperata la diligenza professionale sia nella condotta attiva, che in quella riferibile agli obblighi di controllo reciproco, ciascuno per il ruolo ricoperto nell’equipe. Esiste, inoltre, ulteriore giurisprudenza che evidenzia come in presenza di un regolamento interno o di una disciplina che definisca i compiti specifici dei componenti dell’equipe, la responsabilità di ciascuno debba essere parametrata a detti compiti, rispetto ai quali si ingenera un affidamento degli altri componenti. Tuttavia, anche in questo caso rimangono fermi il dovere di reciproco controllo e il principio del coordinamento nell’ambito dell’operatività del gruppo (richiamando Cass. Pen. n. 24036/2004; Corte di cassazione n. 53315 del 18.10.2016 – 15.12.2016; Corte conti, Sez. giur. Emilia-Romagna, 27 febbraio 2015, n. 21; Sez. giur. Toscana, 18 novembre 2014, n. 214; Sez. Appello Sicilia, n. 216/2018; Appello, Sez. II, 31 luglio 2019, n. 278; id, Sez. II, 21 dicembre 2018, n. 741).
È questa la massima contenuta nella sentenza della Corte dei Conti sezione Toscana n. 74 del 13 marzo scorso che ha condannato per colpa grave medici e infermieri a risarcire l’azienda sanitaria della somma di 60.000,00 spesa per pagare il danno al paziente che dovette essere rioperato per estrarre una pinza di ben 17 cm di lunghezza dimenticata nel corso di una turbolenta operazione.
Nella suddivisione del danno il 60% è stato messo in capo ai medici ed il 40% alle infermiere ferrista e capo sala.
I fatti
Nel corso di un’operazione si avvicendarono due turni d’infermieri. Erano anche presenti in sala operatoria per tutta la durata dell’intervento due infermiere tirocinanti a fini di formazione che furono giudicati estranei ai fatti in quanto semplici spettatori.
All’inizio dell’operazione vennero contate le garze e 7 set chirurgici ma non il numero globale dei ferri.
Terminata la prima fase dell’operazione il primo operatore si allontanò dalla sala operatoria lasciando agli altri due medici il compito della sutura della ferita ai diversi livelli di peritoneo, addome e cute, e quello della realizzazione dell’ileostomia. Durante l’operazione tra i due operatori si verificò una prima lite sulle modalità di sutura dell’addome, udibile dal corridoio, tanto da indurre la coordinatrice del personale infermieristico a uscire dal suo studio per verificare cosa stesse accadendo.
Durante la lite uno dei medici uscì dalla sala operatoria, lasciando un solo medico a suturare l’addome con l’aiuto dell’infermiera strumentista ma, essendo in difficoltà, uscì anch’esso dalla sala operatoria per chiamare il secondo medico lasciando le infermiere da sole con il paziente.
Nel frattempo, gli infermieri del primo turno lasciarono il posto agli infermieri del secondo turno senza che nessuno di loro provvedesse alla conta delle garze e dei ferri.
I medici rientrarono per finire l’operazione ma tra loro scoppiò una seconda lite per la scelta dei fili di sutura da utilizzare, seguita da una seconda uscita dalla sala di uno dei due.
Le responsabilità
La Corte dei Conti ha dovuto valutare la responsabilità degli operatori responsabili sulla scorta raccomandazione ministeriale in questione è la n. 2 del marzo 2008 “Prevenire la ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico” e delle procedure interne alla struttura.
Occasione per delineare la responsabilità dei singoli operatori
Primo operatore medico
È ben vero, afferma la sentenza, che esiste un ruolo specifico assegnato all’infermiera c.d. “ferrista” rispetto ai conteggi di garze e ferri chirurgici, tuttavia, come sopra anticipato, detto ruolo è condiviso con quello del chirurgo primo operatore.
Peraltro, prosegue, dette disposizioni non sono di per sé sufficienti a fondare un principio di affidamento da parte del resto dell’equipe, con valore esimente da responsabilità per la mancata o non corretta conta. Infatti, la Procedura di prevenzione del rischio, dispone anche l’obbligo della conta “a voce alta”, sorretto da una duplice ratio, quella di garantire la massima attenzione da parte dei soggetti deputati a tale operazione, e quella di consentire il controllo da parte della restante equipe a che l’operazione di conta sia effettivamente svolta.
Se, infatti, può essere comprensibile che la conta sia comunque effettuata manualmente dal personale di supporto, rimanendo il chirurgo dedicato allo svolgimento dell’operazione, la Procedura rimette comunque alla sua responsabilità primaria la conta di garze e ferri durante l’intervento in tre momenti ben precisi e, cioè, “prima di chiudere una cavità dentro un’altra”, “all’eventuale cambio del chirurgo responsabile dell’equipe” e “prima di chiudere la ferita.
Il secondo e terzo operatore medico
Altrettanto ascrivibile a colpa grave è la condotta dei due medici ausiliari al primo operatore che, nel tempo in cui si sono trovati a completare l’intervento con le suture erano talmente impegnati nelle loro liti da non hanno provveduto alle conte, neppure dopo la chiusura della cute.
Non può non rimarcarsi, afferma la corte, che uno scontro verbale al tavolo operatorio, ripetuto più volte e seguito dall’allontanamento, prima di uno e poi di entrambi i medici, lasciando il paziente anestetizzato da solo con le infermiere, non corrisponde ad un agire diligente, ben concorrendo, anche per questo verso, a segnare la colpa grave dei convenuti.
Il sopravvenire della lite tra i due medici e il comportamento conseguente ha determinato l’assegnazione della quota di responsabilità pari al 30% della frazione riservata alla componente medica.
Infermiera strumentista e infermiera di sala
L’infermiera ferrista invece, addossò ai medici la responsabilità dell’accaduto in quanto “operano accanto al paziente e solo loro possono avere lasciato la pinza senza provvedere a ricercarla ed a recuperarla prima della chiusura”.
Gli stessi furono accusati dalle infermiere, anche, di avere creato un clima di “destabilizzazione e confusione” generato, da un lato, dalle due liti sopravvenute alla fine dell’intervento tra i medici lasciati a completare le suture e, dall’altro lato, dal cambio di turno infermieristico a intervento quasi concluso.
Inoltre, il fatto che due dei tre medici stessero litigando e di essersi trovata da sola ad assistere il terzo medico corso in soccorso al paziente.
Secondo le infermiere il danno doveva essere addossato ai medici che vicino al paziente non potevano non accorgersi di avere dimenticato una pinza. Inoltre, secondo le stesse, la rissa con conseguente situazione di stress avevano determinato da sole il fatto causale dell’incidente.
Tesi bocciata dalla Corte dei Conti secondo la quale “anche considerandone il possibile apporto al generale stato di confusione cui è conseguita, quanto meno, l’omissione della conta dei ferri al passaggio di turno degli infermieri e alla fine dell’operazione, le liti intercorse non possano avere avuto un effetto di interruzione del nesso di causalità tra la condotta tenuta dall’équipe medica e il danno cagionato al paziente, ma, aggiungendosi agli altri fattori causali sopra richiamati, hanno concorso con questi al danno”.
Responsabilità della struttura
Respinto il tentativo di addossare alla Asl la responsabilità della vicenda per difetti organizzativi in forza dei quali sarebbe sopravvenuta la condizione di confusione che ha determinato il danno è stata esclusa in quanto: “è previsto e ammissibile che si abbia un cambio di turno tra infermieri nel corso dell’operazione chirurgica, specie se questa abbia una durata che si prolunga per 7 ore, come avvenuto nella specie”. Proprio nell’occasione del cambio turno è, tra l’altro, previsto l’obbligo di conta dei ferri, che, se effettuato, avrebbe fatto emergere la mancanza della pinza kocher, evitando il danno al paziente e anche il conseguente danno erariale. È altresì previsto e ammissibile, afferma la sentenza, che in una sala operatoria siano presenti infermieri in formazione, peraltro, come in questo caso nel numero contenuto di due, non potendosi questo imputare ad un difetto organizzativo ma al contrario ad un opportuno adempimento di doveri di formazione del personale da parte della Asl, non potendosi imputare a tale circostanza l’effetto della causazione di danni derivanti piuttosto dalla violazione di varie prescrizioni ed obblighi da parte di tutti i componenti dell’équipe medica in diversa misura.

A cura avv. paola m. ferrari

La sentenza

Nel giudizio di responsabilità, iscritto al n. 61723 del registro di Segreteria, instaurato a istanza della Procura regionale presso questa Sezione giurisdizionale nei confronti dei Sigg.ri:

1) Omissis

2) Omissis

3) Omissis;

4) Omissis;

VISTA la sentenza n. 258 del 20 luglio 2021, di definizione con rito abbreviato della posizione del M.D., C.F. -, nato ad – il – e residente a – in Via -, chirurgo secondo operatore, anch’egli inizialmente convenuto nel presente giudizio;

VISTO l’atto di citazione della Procura Regionale depositato presso questa Sezione Giurisdizionale in data 23.01.2020;

ESAMINATI gli atti ed i documenti di causa;

UDITI nella pubblica udienza del giorno 7 settembre 2022, con l’assistenza del Segretario di udienza, dott.ssa Simonetta Agostini, il Magistrato relatore Cons. Elena Papa, il rappresentante del Pubblico Ministero in persona del P.M., sig. Procuratore regionale, Acheropita Mondera, l’Avv. Francesco Laino per il dott. M.L., l’avv. Sabrina Menichelli, per il dott. M.D., l’avv. Alessandro Caleo per l’infermiera dott.ssa G. A. e l’avv. Cristiana Carcelli per l’infermiera strumentista dott.ssa D.G.;

  1. Con atto del 23 gennaio 2020 la Procura regionale citava in giudizio il dott. M.L., il dott. M.D. e il dott. M.D., nonché le infermiere D.G. e G.A., strumentista ed infermiera di sala, costituenti parte dell’equipe medica che, all’epoca dei fatti, prestava servizio presso il presidio ospedaliero di Massa, per sentirli condannare per responsabilità medica, in via parziaria e secondo le percentuali di seguito indicate, al pagamento in favore della AUSL Toscana nord-ovest del danno indiretto di € 60.000,00 salva ogni diversa valutazione del Collegio, oltre rivalutazione, interessi legali e spese di giudizio.

La somma doveva ripartirsi come segue:

  • dott. M.L., primo operatore: 50%;
  • dott. M. D., secondo operatore: 15 %
  • dott. M.D., terzo operatore: 10 %
  • Sig.ra G. A., infermiera di sala: 5%;
  • Sig.ra D. G., strumentista: 20%.

La somma era stata liquidata con i mandati di pagamento n. 40 del 9 luglio 2015, di € 15.000,00; n. 247 e 248 del 24 luglio 2018, ciascuno di € 20.000,00 e con bonifico n. 12280002 dell’8 gennaio 2019, di € 5.000,00 dalla medesima ASL, in esecuzione della definizione transattiva di sinistro sanitario, a favore del sig. M.S. , che si era dovuto sottoporre ad intervento chirurgico per la rimozione di una pinza chirurgica kocker di 17 cm di lunghezza, lasciata nel proprio addome nel corso di una precedente operazione di resezione del retto e resezione epatica per neoplasia, avvenuta in data 29 ottobre 2014. La pinza relitta aveva determinato fortissimi dolori addominali e occlusione intestinale.

Parte offesa aveva sporto querela per lesioni gravissime, ritirata solo una volta raggiunto l’accordo transattivo con la ASL, con conseguente estinzione del procedimento penale con sentenza di non doversi procedere del Tribunale di Massa n. 384 del 15 maggio 2018.

La CTU del 22 ottobre 2017, espletata nel corso del giudizio, aveva evidenziato la “grave responsabilità professionale caratterizzata da grave negligenza nel mancato controllo dei ferri chirurgici…”; aveva, poi concluso che da tale fatto lesivo era derivato “un ulteriore periodo di malattia con inabilità ed incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni di almeno 60 giorni suddivisibili, 11 giorni, 100%; 19 giorni, 50%; 30 giorni, 25%.”. Inoltre, “Residuò dal fatto un danno fisico pari al 10%. Il danno psichico fu valutato da altro specialista al 15%. Il danno biologico complessivo pari alla somma delle menomazioni è pari al 24%”.

La notitia damni era pervenuta alla Procura erariale per effetto della segnalazione del Direttore del Dipartimento Affari legali dell’Azienda ASL Toscana nord ovest del 6 novembre 2018.

Sulla base della documentazione a questa allegata (cartelle cliniche riferite all’intervento in cui si era verificato l’errore medico e all’intervento di rimozione della pinza; perizie prodotte dalle parti; relazione dei Carabinieri e dichiarazioni rese dalle persone presenti in sala operatoria e nell’area circostante), erano stati ricostruiti i fatti, riscontrando:

· che l’operazione era durata quasi sette ore, dalle 9:00, orario di entrata delle infermiere del primo turno in sala operatoria per la preparazione, alle 14:10, cui è seguito il tempo necessario per la confezione dell’isotelioma, fino alle 14:30, con uscita dalla sala operatoria alle 14:40 circa;
· che erano state presenti in sala operatoria per tutta la durata dell’intervento due infermiere tirocinanti a fini di formazione;
· che durante l’intervento si erano avvicendati al tavolo operatorio due turni di infermieri;
· che nel corso dell’operazione era intervenuta l’equipe di radiologia interventistica, chiamata per effettuare l’embolizzazione ad addome aperto, e che questa aveva lasciato la sala operatoria subito dopo aver concluso il proprio compito;
· che poco prima delle ore 13:00, terminato l’intervento principale, il dott. L. si era allontanato dalla sala operatoria lasciando agli altri due medici il compito della sutura della ferita ai diversi livelli di peritoneo, addome e cute, e quello della realizzazione dell’ileostomia;
· che intorno alle ore 13:00 tra il dott. D. e il dott. D. si era verificata una prima lite sulle modalità di sutura dell’addome, udibile dal corridoio, tanto da indurre la Coordinatrice del personale infermieristico, dr.ssa Omissis , ad uscire dal suo studio per verificare cosa stesse accadendo;
· che durante le liti il dott. D. era uscito una prima volta, lasciando il dott. D. a suturare l’addome con l’aiuto dell’infermiera strumetista D. G.;
· che in quel frangente anche il dott. D. era uscito per chiamare il dott. L., lasciando le infermiere in sala operatoria;
· che, come risulta dalla check list in cartella clinica, intorno alle 13:30 è stata effettuata una conta delle garze. Al contrario non vi è traccia della conta dei ferri chirurgici, che l’infermiera G. asserisce, invece, sarebbe stata effettuata insieme a quella delle garze, ma prima della lite tra i medici (cfr. Relazione evento sentinella “strumento chirurgico ritenuto in addome” del 22 gennaio 2015, a firma infermiera G.);
· che il dott. L. sarebbe rientrato in sala operatoria chiamato dal dott. D., per verificare la sutura, intorno alle ore 14:00;
· che in quel frangente lo stesso dott. L. dichiara di aver chiesto notizie della conta ricevendo risposta affermativa dall’infermiera ferrista;
· che intorno alle ore 14:00 è avvenuto il cambio turno degli infermieri, con subentro di Ambrogi Francesca e di Cossaro Giovanni alla odierne convenute, G. e A.;
· che l’infermiera G. risulta, tuttavia, essere rimasta alcuni minuti in più per terminare la sua funzione di supporto al dott. D. nella preparazione dell’ileostomia;
· che dopo le 14:00 sarebbe rientrato anche il dott. D.;
· che al momento della sutura della cute sarebbe scoppiata una seconda lite tra il dott. D.e il dott. D., per la scelta dei fili di sutura da utilizzare, seguita da una seconda uscita dalla sala del dott. D.;
· che l’operazione veniva completata con la chiusura della cute e l’ileostomia;
· che, in disparte quanto dichiarato dai convenuti, in modo talvolta tra loro contraddittorio, in sede di indagini penali e negli atti difensivi del presente giudizio, dalla Check list di sicurezza per la conta di garze e ferri, presente nella cartella clinica del paziente, emerge che la conta dei ferri sarebbe stata effettuata solo a inizio interevento, mentre non vi è traccia della stessa in alcun altro momento a seguire e neppure al cambio infermieri, nè alla fine dell’intervento;
· che dalla cartella clinica riferita alla seconda operazione cui il paziente si è sottoposto per l’asportazione della pinza, anche questa a guida del dott. L. e con il dott. D., presente nell’equipe come secondo operatore, risulta che: “aperto il peritoneo… si spostano in via smussa le anse e si palpa il corpo estraneo che è poco mobile e addossato alla radice mesenterica nella parte del manico e con la punta fisso sul peritoneo sopravescicale…. Si lisano le poche aderernze presenti a liberare il corpo estraneo che è un kocher retto chiuso sul quale due anse sono angolate essendo adese con maggior tenacia, determinando lo stato occlusivo. Si apre la pinza kocher e la si rimuove…”.

Data la complessità della ricostruzione degli eventi descritti, per l’individuazione delle responsabilità per la dimenticanza della pinza nell’addome del paziente, l’Organo requirente aveva svolto un’articolata indagine e, in un primo tempo, aveva notificato l’invito a dedurre ai tre medici chirurghi e, oltre ad essi, ai soli infermieri presenti nella fase conclusiva dell’intervento, Ambrogi Francesca e Cassaro Giovanni, entrati in sala operatoria alle ore 14:00 circa. Questi, nel loro ruolo di strumentista e di aiuto sala, avrebbero dovuto rispondere per la conta finale degli strumenti utilizzati nel corso dell’operazione, dalla quale sarebbe dovuta emergere la mancanza all’appello della pinza kocker.

Solo dopo il deposito delle controdeduzioni e l’audizione di questi ultimi, la parte requirente si convinceva, al contrario, della tardività del loro ingresso in sala operatoria rispetto alla chiusura dell’addome, individuata come momento della conta finale di garze e ferri, ritenendo la corresponsabilità, con i tre chirurghi, delle sole infermiere che avevano operato nel primo turno di lavoro, G. D. e A.G.. A queste veniva notificato un invito a dedurre integrativo e, dopo il deposito delle memorie e l’audizione, la citazione al presente giudizio.

Faceva, tuttavia, presente in atti di non avere archiviato la posizione delle figure infermieristiche del secondo turno, al momento solo accantonate, tenuto conto del disposto di cui all’art. 83, comma 3, del C.G.C..

Non venivano prese in considerazione ai fini della responsabilità erariale le posizioni delle due infermiere tirocinanti presenti in sala operatoria, Fruzzetti Serena e Tonelli Barbara, per il ruolo non operativo e di mere osservatrici svolto nel corso dell’intervento.

Richiamati i principi di consolidata giurisprudenza in tema di responsabilità medica di equipe, la parte requirente rimarcava l’asserita responsabilità per colpa grave dei componenti, da ripartirsi in ragione dei compiti specificamente a ciascuno ascritti anche come regolati dalla AUSL 1 di Massa e Carrara, che, già dal 5 marzo 2008, aveva emanato una “Procedura per la prevenzione del rischio di ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico”, a puntuale disciplina del riconteggio dei ferri, indicato come obbligo di servizio in capo allo strumentista, all’infermiere di sala ed al chirurgo responsabile dell’equipe e come operazione da svolgere ripetutamente nel corso dell’intervento e “a voce alta, udibile da tutti”.

Ripartiva la responsabilità per colpa grave nelle quote sopra descritte tenendo conto delle risultanze delle ripetute perizie mediche prodotte in sede di giudizio penale e di trattative con la AUSL, da cui emergeva il danno anche in relazione al periodo di sofferenza del paziente dopo la dimissione dall’ospedale e fino alla rimozione della pinza e graduando sulla base della qualifica rivestita e del ritenuto apporto causale alla produzione dell’evento dannoso.

  1. Tutti i convenuti hanno svolto ampia attività pre-processuale e si sono costituiti con note di memoria, svolgendo nel rispettivo interesse difese in punto di fatto e in punto di diritto.

In particolare, il dott. L. ha richiamato le Linee guida contenute nella Procedura per la prevenzione del rischio di ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico, emanata dalla AUSL (Procedura del 5 marzo 2008), evidenziando che la responsabilità della conta di garze e ferri ivi disciplinata è ascritta principalmente all’infermiere strumentista, mentre nel suo ruolo di “Primo operatore”, avrebbe rivestito la qualifica di mero “soggetto coinvolto”, tenuto unicamente ad informarsi che la conta sia stata eseguita durante l’intervento.

Nel merito ha dichiarato che della esecuzione della conta sarebbe data prova nell’apposita check list per la prevenzione del rischio, che recherebbe il raffronto tra il materiale a inizio e fine intervento. con riguardo all’osservazione presente in atti per cui la conta dei ferri sarebbe resa difficile in quanto la check list prevede di indicare solo il numero dei set, mentre in ciascun set sono poi presenti vari ferri, ha affermato che questo dato non costituirebbe un impedimento al buon esito del conteggio, dato che dal numero dei set si può agevolmente risalire al numero dei ferri in questo contenuti e che devono essere presenti in misura pari all’inizio e alla fine dell’intervento chirurgico.

Ha, inoltre, affermato di avere chiesto più volte la conta, di essersi allontanato dopo il completamento dell’operazione, lasciando agli altri colleghi chirurghi il compito, elementare e di mera routine, della chiusura e della preparazione dell’ileostomia, di essere rientrato in quanto chiamato dal dott. D. per risolvere la discussione insorta tra questi (terzo operatore) e il dott. D. (secondo operatore). Ha pertanto respinto ogni responsabilità per quanto avvenuto in sua assenza.

Infine, ha negato che ulteriori responsabilità possano essere poste a suo carico per l’attività svolta al suo rientro in sala operatoria, richiamato a seguito della discussione tra i medici, in quanto a quel punto l’addome del paziente sarebbe stato già completamente chiuso. Conclude disconoscendo come propria la sigla apposta sulla check list nella parte riservata al primo operatore, senza però avere ritenuto di proporre querela di falso.

  1. Il dott. D., in via preliminare, ha sollevato l’eccezione di prescrizione dell’azione erariale per superamento dei cinque anni di legge dalla data dell’intervento a quella della notifica ad una delle parti dell’invito a dedurre, avvenuta in data 13 novembre 2019, in assenza di occultamento doloso del danno.

Nel merito, premesso di essersi trovato, per il suo ruolo di terzo operatore, per tutto l’intervento, in una posizione che impediva la vista dell’addome, dovendosi occupare di altra sede della ferita, afferma la propria assoluta impossibilità di interferire con l’operazione ed attribuisce la responsabilità del fatto di danno all’infermiera G., per il suo ruolo di strumentista. Al riguardo rimarca, tra l’altro, di essere stato chiamato in causa proprio da detta infermiera che, nell’intento di sgravarsi da colpa per non aver adempiuto ai compiti di conta dei ferri specificamente ascrittile dalle Linee guida, avrebbe intenzionalmente amplificato la portata della discussione intercorsa con il dott. D. nella fase della chiusura dell’addome e in quella successiva di chiusura della cute, quali situazioni di confusione da porre a propria giustificazione per il non corretto adempimento dei propri obblighi di conta dei ferri.

Nega, al contrario, che la discussione sia stata tale da determinare causalmente la dimenticanza del ferro operatorio nell’addome del paziente, ritenendo che detta affermata correlazione causale non sia stata dimostrata in alcun modo dal Requirente.

Contesta, poi, sia il valore probatorio degli atti di causa formati nel processo penale poi estinto, in quanto in tale sede non si sarebbe accertata alcuna responsabilità a proprio carico, sia l’elemento soggettivo della colpa grave con riguardo alla propria condotta, asserendo di avere operato secondo i principi della diligenza richiesti al medico nell’esercizio della propria professione per la parte riferita ai propri specifici compiti.

Invoca, infine, una responsabilità concorrente della ASL che, nella predisposizione delle Linee guida della Procedura di prevenzione del rischio in considerazione e del modello di “Check list di sicurezza”, per la parte riguardante la conta dei ferri operatori, avrebbe richiesto l’indicazione del numero di set di ferri utilizzati e non il numero dei ferri, presenti in ogni set, creando così confusione sul dato. Sempre alla ASL sarebbe da ascrivere un deficit organizzativo per aver predisposto la presenza di un numero eccessivo di infermieri durante l’intervento, comprensivo delle tirocinanti, nonché dell’equipe dell’anestesista, e avere consentito il cambio turno in corso di intervento.

In via subordinata, invoca il potere riduttivo dell’addebito in considerazione dell’incertezza causale e dell’entità della colpa.

  1. L’infermiera G., ripetendo più volte di aver provveduto alla conta dei ferri senza che risultassero anomalie, evidenzia da un lato la responsabilità primaria dei medici per il fatto accaduto. Sono questi, infatti, che operano accanto al paziente e che possono avere lasciata la pinza senza provvedere a ricercarla e a recuperarla prima della chiusura dell’addome.

Dall’altro alto, richiama la responsabilità degli infermieri subentrati al passaggio di turno, mentre la stessa infermiera G. era impegnata a prestare il proprio aiuto al dott. D. per la chiusura della parete addominale. Sarebbero questi, infatti, che, intervenuti in sala operatoria intorno alle ore 14:00, prima della chiusura delle ferite e del completamento dell’intervento alle ore 14:10, per la Procedura dettata dalle Linee guida del 2008, avrebbero dovuto provvedere alla conta dei ferri. Non solo, ma la medesima Procedura prevede che un’ulteriore conta sia effettuata alla fine dell’operazione, “alla chiusura della cute o al termine della procedura” (cfr. Procedura 2008, punto 6, n. 4), prima di riporre gli strumenti nelle scatole per inviarli alla sterilizzazione, alla presenza di tutti gli infermieri presenti in sala e con la supervisione di un medico chirurgo.

A tal riguardo fa rinvio alla Check list, ove risultano apposte a chiusura le sole firme degli infermieri del secondo turno, la strumentista, Ambrogi Francesca e l’infermiere di sala Giovanni Cossara, e, nell’area riservata al medico, una controfirma che dichiara di non riconoscere.

Infine, richiama il comportamento dei medici, più volte allontanatisi dalla sala operatoria, la lite tra questi intercorsa, la necessità di prestare aiuto al dott. D. nella fase della chiusura della ferita, in quanto rimasto solo a seguito della discussione, come elementi di rischio che concorrerebbero a ridurre la propria responsabilità per l’incidente, rimarcando che, secondo il Manuale per la sicurezza in sala operatoria del 2009, è raccomandata al chirurgo l’esplorazione della parte prima della chiusura, proprio al fine di prevenire situazioni simili a quella verificatasi.

Contesta, infine, in questo associandosi al dott. D., un difetto organizzativo a carico della ASL, in quanto la Procedura di prevenzione del rischio del 2008 non si riferiva alla conta del numero degli strumenti utilizzati, ma unicamente dei set, che possono contenere molti ferri, e sollevando infine l’eccezione di prescrizione per le medesime ragioni.

Chiede in via subordinata la riduzione dell’addebito.

  1. L’infermiera di sala, G. A., premette che, in quanto non sterile ad inizio intervento, come dichiarato dalla coordinatrice infermieristica Battistini, nella situazione specifica non poteva né doveva toccare i ferri. Avrebbe, pertanto, partecipato alla conta iniziale insieme all’infermiera G., come risulta dalla Check list di prevenzione del rischio, solo perché i ferri erano ancora sigillati. Per la conta finale, inoltre, l’infermiera sarebbe già stata fuori dalla sala operatoria e addirittura uscita dell’ospedale, dato che la fine del turno si collocava intorno alle 14:00 e che l’intervento si sarebbe concluso alle 14:10.

Richiama poi la giurisprudenza formatasi intorno al ruolo e all’interpretazione da dare alle Linee guida in campo medico, secondo cui, condivisibilmente, “non convince l’assioma secondo il quale qualsiasi condotta del medico difforme dalle linee guida di per sé dimostra l’esistenza dell’elemento soggettivo della colpa grave” (Corte dei conti, sez. Emilia Romagna, n. 100/2017) e, su tale base, contesta come apodittiche ed indimostrate le prospettazioni accusatorie erariali nei propri confronti.

Richiama, infine, le concause esterne alla causazione del danno, individuate nella lite sorta tra i medici nella fase finale dell’intervento e al difetto organizzativo della ASL, individuato, come per la difesa del D. e della G., nell’aver ammesso un passaggio di turno infermieristico in corso di operazione, noto fattore di rischio indicato anche dalle Linee guida, e la confusione creatasi proprio nel momento in cui si sarebbe dovuto procedere alla conta, nonché nella dimenticanza della registrazione di tale evento da parte della struttura, tanto che, solo dopo sorta la controversia per il danno arrecato al paziente, l’ospedale aveva provveduto a costituire il documento attestante il subentro degli infermieri Ambrogi Francesca e Cossara Giovanni poco prima delle 14:00.

Chiede infine, anch’essa la riduzione dell’addebito.

  1. Diversamente dagli altri convenuti, il dott. D., contestata preliminarmente ogni responsabilità a proprio carico, ed invocata quella delle infermiere, in primis della strumentista, e del primo operatore, in conformità al prospetto contenuto nella Procedura di prevenzione del rischio della ASL, come sopra anticipato, ha scelto di presentare istanza di giudizio abbreviato ai sensi dell’art. 130 del C.G.C.. Pertanto, ha acquisito il parere positivo del P.M. sull’offerta di pagamento di € 4.000,00, inferiore al 50% della somma di € 9.000,00 (15% di € 60.000,00), che gli era stata addebitata dalla Procura.

Con decreto n. 6 del 30 aprile 2021, l’istanza era accolta, ritenuta l’assenza del doloso arricchimento e del comportamento doloso in generale, nonché la congruità della somma proposta. A fronte della produzione della documentazione probatoria in ordine all’effettivo pagamento avvenuto nei termini di legge, il giudizio abbreviato era definito nei confronti del dott. D. all’esito della camera di consiglio del 23 giugno 2021 con la sentenza n. 258 del 2 luglio 2021.

All’udienza pubblica del 23 giugno 2021, presenti il P.M. e tutti i convenuti nella persona dei propri procuratori e difensori, le parti convenivano sull’opportunità di rinvio del giudizio a nuova data in attesa della pronuncia sul rito abbreviato.

Pertanto, il giudizio è proseguito nei confronti dei restanti convenuti con rinvio all’udienza di discussione del 7 settembre 2022 in cui sono comparse tutte le parti, regolarmente costituite, che si sono riportate alle memorie depositate ripetendone le eccezioni e, nel merito, gli argomenti salienti.

In particolare la difesa del dott. D. ha insistito sulla non rilevanza della discussione occorsa nella fase finale dell’operazione tra il proprio assistito e il dott. D. nella causazione della situazione di confusione evidenziata dagli altri convenuti, rimarcandone il difetto di valore probatorio in quanto sostenuta da parti interessate a sgravarsi delle proprie responsabilità professionali. Tuttavia, a fronte della richiesta del Pubblico ministero di dichiarare a verbale che la lite non sarebbe avvenuta, ha ritenuto di non procedere a tale formalizzazione.

Sentita la requisitoria finale del Pubblico Ministero, che ha insistito per l’accoglimento della domanda, riportandosi a tutte le circostanze di fatto ed alle argomentazioni enucleate in citazione, il giudizio è stato trattenuto in decisione.

Ritenuto in

DIRITTO

  1. Quadro normativo specifico. La Procedura di prevenzione del rischio.

Il Collegio è chiamato a pronunciarsi su una fattispecie di responsabilità medica di equipe in via indiretta, riveniente dalla liquidazione da parte della AUSL di Massa e Carrara della somma di € 60.000,00 a favore del paziente sig. S.M., a titolo di risarcimento del danno a questi derivato dalla dimenticanza di una pinza chirurgica nell’addome, avvenuta durante l’intervento chirurgico cui si era sottoposto.

È ormai consolidata, in materia, la giurisprudenza secondo cui per i danni cagionati al paziente nel corso di interventi operatori risponde l’intera equipe medica e infermieristica, stante la natura dell’attività, che vede coinvolti tutti i partecipanti e che richiede che sia adoperata la diligenza professionale sia nella condotta attiva, che in quella riferibile agli obblighi di controllo reciproco, ciascuno per il ruolo ricoperto nell’equipe. Esiste, inoltre, ulteriore giurisprudenza che evidenzia come, in presenza di un regolamento interno o una disciplina che definisca i compiti specifici dei componenti dell’equipe, la responsabilità di ciascuno debba essere parametrata a detti compiti, rispetto ai quali si ingenera un affidamento degli altri componenti. Tuttavia, anche in questo caso rimangono fermi il dovere di reciproco controllo e il principio del coordinamento nell’ambito dell’operatività del gruppo (Cass. Pen. n. 24036/2004; Corte di cassazione n. 53315 del 18.10.2016 – 15.12.2016; Corte conti, Sez. giur. Emilia-Romagna, 27 febbraio 2015, n. 21; Sez. giur. Toscana, 18 novembre 2014, n. 214; Sez. Appello Sicilia, n. 216/2018; Appello, Sez. II, 31 luglio 2019, n. 278; id, Sez. II, 21 dicembre 2018, n. 741).

Peraltro, a causa dei molteplici errori medici che statisticamente si verificano durante gli interventi, aventi ad oggetto la dimenticanza garze, pezze e ferri nel sito chirurgico, sin dal 2008 il Ministero della Salute ha emanato una Raccomandazione, successivamente più volte aggiornata, volta a sollevare l’attenzione sull’argomento e a sollecitare le ASL all’emanazione di appositi regolamenti interni, alla formazione del personale e, in tal modo, alla riduzione del rischio.

In ottemperanza a detta raccomandazione ministeriale la AUSL 1 di Massa e Carrara sin dal 2008 aveva predisposto una “Procedura per la prevenzione del rischio di ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico” (prot. 603/PP001 del 3 marzo 2008).

Tra le situazioni di particolare criticità in ordine al rischio in considerazione, la Procedura evidenziava: i casi di “interventi che coinvolgono più di una equipe chirurgica”; la “complessità dell’intervento”; le condizioni di “fatica o stanchezza dell’equipe chirurgica”. A queste si aggiungevano la “mancanza di una procedura per il conteggio sistematico di strumenti e garze”, cui la ASL intendeva ovviare proprio con la detta “procedura di conteggio”, riassunta in una apposita scheda che definisce i tempi e modi del conteggio e addirittura gradua le responsabilità dei soggetti coinvolti nell’operazione.

In particolare, secondo la Procedura di prevenzione del rischio della AUSL di Massa e Carrara del 2008, vigente all’epoca dei fatti, prima dell’intervento, della conta rispondono l’infermiera strumentista in primis, accompagnata dall’infermiera di sala.

Nel corso dell’intervento sopravviene l’obbligo di conta a) prima della chiusura di ogni cavità, di cui rispondono in via principale il chiururgo responsabile dell’equipe, e in via complementare le due infermiere, strumentista e di sala, e b) alla chiusura della cute, con inversione delle responsabilità tra infermiera strumentista e chirurgo.

Ulteriormente, la conta deve esere fatta al cambio dell’infermiere o del chirurgo, con responsabilità primaria della strumentista, nel primo caso, e del chirurgo stesso, nel secondo caso.

Il suddetto quadro regolatorio è descritto dalla tabella riassuntiva inserita nella Procedura, che di seguito si riporta.

(ASL Massa e Carrara – Procedura prevenzione rischio – pag. 4)

INFERMIERE STRUMENTI-

STA

CHIRURGO RE-

SPONSABILE DELL’EQUIPE

INFERMIERE DI SALA

Prima di iniziare l’intervento chirurgico, conta delle garze e controllo integrità strumentario (il conteggio deve essere effettuato a volce alta)

R

C

Durante l’intervento chirurgico, prima di chiudere una cavità all’interno di un’altra cavità (conteggio garze)

C

R

C

Prima di chiudere le ferita (garze, aghi, strumentario) il chirurgo si accerta verbalmente che i lconteggio sia stato eseguito e che il totale dei materiali utilizzati rimanneti corrisponda a quello dei materiali ricevuti, prima e durante l’intervento.

C

R

C

Alla chiusura della cute o al termine della procedura (garze, aghi, strumentario)

R

C

C

Al momento dell’eventuale cambio dell’infermiere (garze, aghi, strumentario)

R

C

C

Al momento dell’eventuale cambio del chirurgo responsabile dell’equipe (garze, aghi, strumentario)

C

R

C

R= Responsabile;

C= Coinvolto.

Le Linee guida non si limitano, tuttavia, allo schema appena descritto, ma procedono costruendo un quadro di responsabilità dell’intera equipe, nel momento in cui impongono che la conta sia effettuata “a voce alta”, in modo che sia sentita da tutti, e svolta “da due operatori contemporaneamente”. Prevedono, infine, che ove, a intervento già concluso, non si rinvega una garza o un ferro chirurgico, o ci siano comunque incertezze nella conta, si proceda ad una radiografia del paziente per verificare l’eventuale presenza del corpo estraneo nel sito operato e poter intervenire nell’immediato con la riapertura della parte interessata e l’estrazione.

  1. Eccezione di prescrizione del presente giudizio.

Prima di procedere all’esame della vicenda nel merito occorre sgomberare il campo dalla preliminare eccezione di prescrizione dell’azione sollevata dal convenuto dott. M. D. e dall’infermiera strumentista D. G., che hanno osservato che la notificazione dell’invito a dedurre a una delle parti è avvenuta solo in data 13 novembre 2019, a più di 5 anni dal 29 ottobre 2014, data dell’intervento in considerazione

L’eccezione è priva di pregio e, pertanto, deve essere respinta.

Quella all’esame è, infatti, un’ipotesi di “danno indiretto” e cioè, di pregiudizio derivante all’Amministrazione pubblica dal pagamento cui questa sia stata costretta in favore di terzi a risarcimento di danni cagionati dai propri dipendenti.

Ne discende che il dies a quo della prescrizione dell’azione di responsabilità non va individuato nella data dell’evento di malpractice medica descritto, da cui sono conseguite le lesioni gravissime al paziente e da cui è scaturita la necessità di procedere al secondo intervento per la rimozione della pinza, ma nella data dell’effettivo depauperamento dell’Amministrazione, coincidente con quella dell’emissione del titolo di pagamento a favore del soggetto danneggiato, e quindi, come visto nella parte in fatto, dai mandati di pagamento a partire dal n. 40 del 9 luglio 2015, dell’importo di € 15.000,00, via via fino ai nn. 247 e 248 del 24 luglio 2018, ciascuno di € 20.000,00, per concludere con il bonifico n. 12280002 dell’8 gennaio 2019, di € 5.000,00 effettuati dalla ASL (così, Corte Conti, Sezioni riunite, sentenza n.14/QM/2011; sez. I app. 24 luglio 2018 n. 301; sez. I app. 1 dicembre 2017 n. 512; sez. II app. 21 giugno 2017 n. 401, Sez. Toscana n. 84/2019).

Le stesse Sezioni Riunite di questa Corte hanno affermato che di decorrenza della prescrizione possa parlarsi solo nel momento in cui la condotta contra ius abbia prodotto l’evento dannoso, avente i caratteri della concretezza e dell’attualità, ragion per cui l’esordio della prescrizione va individuato, comunque, nella data del pagamento, tanto nelle ipotesi di danno diretto (SS. RR. n. 5/2007/QM, del 19 luglio 2007), tanto in quelle di danno indiretto (SS.RR. n. 14/2011/QM, del 05 settembre 2011, id. Appello II 536/2018 del 14 dicembre 2017).

Anche il più remoto mandato di pagamento rientra, pertanto, nel termine quinquennale della prescrizione dell’azione erariale, stante la notifica tempestiva a tutte le parti degli inviti a dedurre, valevole, ai sensi degli artt. 66 e 67, comma 8, del C.G.C., ai fini dell’interruzione della prescrizione per ciascuna di esse. Ciò vale anche per l’ultimo degli inviti notificato, quello del 13 novembre 2019, menzionato in atti dai due convenuti, con conseguente piena tempestività dell’azione e con salvezza del credito erariale di cui la ASL 1 di Massa e Cararra è portatrice nei confronti dei propri dipendenti responsabili della malparactice medica in esame.

  1. La condotta rilevante.

Va, peraltro, evidenzato che la presenza di una procedura specifica per la conta delle garze e dei ferri, prima, durante e dopo l’intervento, costituisce fattore di salvaguardia dal rischio della dimenticanza di strumenti nel sito chirurgico, ma che, logicamente e cronologicamente, prima di questo aspetto, assume rilevanza quello della dimenticanza stessa degli strumenti nell’area operata.

In altri termini, in un contesto di danno erariale indiretto, derivante dal risarcimento, da parte di una ASL, del danno causato ad un terzo (paziente) da uno o più dei suoi medici nel corso di un intervento chiururgico (causalità giuridica), la causalità materiale che consente di ricondurre la vicenda alla responsabilità dei componenti dell’equipe, adeguatamente vagliata e graduata nell’apporto di ciascuno, va ricercata nell’insieme di condotte attive ed omissive da questi tenute nel corso dell’intervento, che, in concorso tra loro, hanno determinato la dimenticanza della pinza e il conseguente danno.

Tali condotte si ripartiscono:

1) Per la parte attiva, nella dimenticanza della pinza nel sito operatorio da parte di uno dei medici.

2) Per la parte omissiva:

a. nell’omissione del controllo nell’area operata sempre da parte dei medici, man mano che su questa intervenivano.

b. nell’omissione della conta dei ferri, o nel suo non corretto svolgimento, da parte dei responsabili come individuati dalla Procedura nello schema sopra riportato (medico primo operatore, ferristi e infermieri di sala).

c. nell’omissione di vigilanza reciproca sull’effettiva effettuazione della conta.

Tali condotte hanno coinvolto l’intera equipe operatoria, in vario grado, stanti la “convergenza” delle attività di ciascuno dei componenti “verso il fine comune ed unico della buona riuscita dell’operazione” e l’obbligo di ciascuno al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle mansioni svolte (Cass. Pen. n. 24036/2004). Ne discende che è imposto all’intera equipe non solo l’adempimemento ognuno delle proprie mansioni, “… ma anche il controllo sull’operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali, in quanto tali rilevabili con l’ausilio delle comuni conoscenze del professionista medio” (Corte di Cassazione n. 53315 del 18.10.2016 – 15.12.2016).

Il principio dell’affidamento non è escluso, quanto meno per la graduazione quantitativa della responsabilità, ma solo in casi determinati può esimere. In particolare, nel presente caso, esime rispetto all’equipe radiologico-interventistica chiamata nel corso dell’operazione per l’embolizzazione e ritiratasi successivamente all’intervento di propria stretta competenza. Esime, altresì, rispetto alle infermiere tirocinanti presenti in sala, non coinvolte in alcuna attività nel corso dell’operazione, ma chiamate solo all’osservazione ai fini dell’apprendimento delle procedure.

Al contrario, non può ritenersi validamente invocabile ai fini dell’esenzione da responsabilità dei componenti dell’equipe dedicata all’operazione principale, stante il coinvolgimento globale della stessa nell’operazione, sia nella condotta attiva di intervento in momenti diversi e a più riprese sul sito operato da parte dei medici (operazione principale e chiusura di peritoneo, addome e cute), sia nella fase del controllo mediante “conta di garze aghi e ferri” che, a prescindere dagli obblighi specifici, doveva quanto meno essere “udita” da tutti nel corso dell’operazione.

  1. Rapporto di causalità tra la condotta dell’equipe medica, nei suoi componenti e complessivamente considerata, e il danno (causalità materiale).

Ciò premesso, occorre prendere le mosse dall’esame del nesso causale tra la condotta tenuta dai componenti dell’equipe e la dimenticanza della pinza kocher nell’addome del paziente, cui è conseguito il danno oggetto di risarcimento. A tal fine, appare il caso di procedere analiticamente alla valutazione della correlazione causale, dapprima, tra la condotta attiva di rilascio della pinza e il danno, per passare, successivamente, a quella delle varie condotte omissive che vi hanno concorso, a partire dall’omessa attenzione alla possibile presenza della pinza da parte dei medici che sono intervenuti sul sito operatorio, per arrivare all’omissione della conta dei ferri e concludere con l’omessa vigilanza reciproca cui sono tenuti i componenti dell’equipe in adempimento sia dei doveri di diligenza professionale che dell’obbligo di “conta a voce alta” previsto dalla Procedura di prevenzione del rischio della ASL.

4.1. Condotta attiva e nesso di causalità.

Quanto alla condotta attiva, osserva il Collegio che tutti e tre i medici che hanno fatto parte dell’equipe si sono alternati al tavolo operatorio, trovando occasione per maneggiare la pinza kocher sull’addome del paziente. In primis, il dott. L., che ha svolto la c.d. operazione principale, di rimozione del tratto di intestino e del fegato affetti dalla lesione oncologica, stazionando a lungo sul sito operato, e, successivamente, i dott.ri D. e D., chiamati alla sutura dell’addome.

A tal riguardo il dott. L. non svolge particolari obiezioni, incentrandosi la sua intera difesa non sull’attenzione prestata a non far cadere il ferro nell’addome, o a verificarme la presenza nel sito prima di abbandonare il tavolo operatorio, ma sui due diversi aspetti della giustificazione dell’allontanamento dal tavolo operatorio prima delle suture, stante il carattere asseritamente elementare del lavoro residuo da svolgere e del dichiarato adempimento dell’obbligo di conta dei ferri per la parte di propria pertinenza, ritenuta circoscritta alla necessità di chiedere alla ferrista se la conta fosse stata fatta.

Anzi, a tal proposito, il convenuto assume che dell’adempimento dell’obbligo di conta sarebbe prova la check list operatoria, rispetto alla quale, tuttavia, nega la paternità della firma apposta nello spazio riservato al responsabile dell’equipe proprio per la parte della conta dei ferri.

Nulla permette di escludere, pertanto, che la pinza possa essere stata dimenticata dal dott. L. in questa prima fase dell’operazione. In assenza di una dimostrazione in tal senso, vale, tuttavia, a confermarne la responsabilità medica, la “posizione di garanzia nei confronti del paziente” assengata al primo operatore, rispetto all’attività svolta dagli altri medici (Cass. pen., 5 agosto 2016 n. 34503; Corte conti, Sez. Toscana, n. 440 del 19 giugno 2019), che coinvolge, tuttavia, aspetti di condotta omissiva in termini di omesso controllo, che si esamineranno di seguito.

Per quanto riguarda gli altri medici, in disparte le difese del dott. D., già definite con la sentenza emessa in sede rito abbreviato, a nulla rileva, in questa sede, l’obiezione sollevata dal dott. D., che riferisce di avere svolto il proprio ruolo nel corso dell’operazione da una posizione del tavolo operatorio lontana “dal punto in cui la pinza in oggetto è stata relitta”:

Infatti, per quanto riguarda il profilo della condotta attiva, rileva a suo carico non già la fase in cui si è svolta l’operazione principale, bensì quella in cui è stato chiamato, dapprima in collaborazione con il dott. D. e, successivamente, addirittura da solo, alla sutura delle ferite.

Con ogni evidenza tutti e tre i medici componenti l’equipe hanno operato, in momenti diversi, direttamente sul sito interessato, e uno di questi ha inevitabilmente lasciato la pinza kocher nell’addome del paziente.

4.2. Condotta omissiva per omesso controllo del sito operatorio e nesso di causalità.

Pur non potendosi individuare chi dei tre medici abbia effettivamente dimenticato la pinza, va rilevato che questa è stata ritrovata nella parte dorsale dell’addome, addossata “alla radice mesentierica nella parte del manico e con la punta fissa sul periotoneo sopravescicale.…”., coperta dalle pieghe intestinali. Viene a questo punto in considerazione l’elemento causale del danno costituito dall’omesso controllo sul sito stesso, da parte di tutti e tre i medici.

Infatti, la posizione in cui il ferro si era insinuato non doveva consentire di rilevarne la presenza ictu oculi, richiedendosi per la sua individuazione una verifica, mediante spostamento delle anse intestinali o palpazione della zona. D’altro canto le rilevanti dimesioni della stessa, ben 17 cm di lunghezza, e la qualità dell’ingombro, trattandosi di una pinza con doppia asola ad un estremo e con punta ricurva all’altro estremo, fanno ritenere che ben avrebbe potuto essere reperita celermente se vi fosse stata una minima verifica.

Tuttavia, nessuno dei medici ha evidentemente ritenuto di procedervi, nonostante che si fosse in presenza di una pluralità di quelle situazioni di rischio di abbandono di garze e strumenti che erano state individuate dalla Procedura per la prevenzione elaborata dalla ASL: la lunga durata dell’operazione, con la correlata stanchezza; il passaggio da un medico all’altro con sostanziale mutamento dell’equipe chiururgica; il subentro verso la fine dell’operazione di una nuova equipe infermieristica a sostituzione della precedente.

Non solo, ma nel caso concrerto si erano verificate ben due liti tra i medici rimasti, dott. D. e dott. D., con la creazione di uno stato di concitazione e caos che ben deve aver favorito o la dimenticanza dello strumento, o il mancato ritrovamento, venendo meno quella soglia di attenzione che è imprescindibile in un contesto di intervento chirurgico.

In altri termini, la previsione della conta come misura di salvaguardia non esime i chirurghi dal controllo diretto sulla parte operata, non solo ai fini, curativi, della verifica della correttezza dell’intervento, ma anche ai fini del controllo sulla presenza di elementi estranei nel sito.

4.3. Condotta omissiva per omessa conta dei ferri operatori e nesso di causalità.

Peraltro, i medici risultano coinvolti causalmente nella determinazione del danno anche per il diverso aspetto della conta dei ferri, di cui rispondono per diversi profili, seppure in concorso con l’equipe infermieristica, e secondo i parametri di responsabilità primaria o solo in via collaborativa, come diversamente articolati dalla Pocedura di prevenzione del rischio già sopra descritti.

È ben vero che esiste un ruolo specifico asseganto all’infermiera c.d. “ferrista” rispetto ai conteggi di garze e ferri chirurgici, tuttavia, come sopra anticipato, detto ruolo è condiviso con quello del chirurgo primo operatore, alternandosi tra di loro per i profili di responsabilità insieme all’infermiera di sala.

Peratro, come già accennato, dette disposizioni non sono di per sé sufficienti a fondare un principio di affidamento da parte del resto dell’equipe, con valore esimente da resposabilità per la mancata o non corretta conta. Infatti, la Procedura di prevezione del rischio, dispone anche l’obbligo della conta “a voce alta”, sorretto da una duplice ratio, quella di garantire la massima attenzione da parte dei soggetti deputati a tale operazione, e quella di consentire il controllo da parte della restante equipe a che l’operazione di conta sia effettivamente svolta.

Orbene, nel caso di specie risulta agli atti la Check list di sicurezza del paziente, redatta per l’intervento chirurgico e attestante le operazioni di conta, che deve essere obbligatoriamente compilata in via immediata, come espressamente previsto dalla Procedura di prevenzione del rischio.

Dalla Check list emerge chiaramente che nella fase iniziale sono state effettuate ad opera e sotto la responsabilità dell’infermiera “ferrista”, con la collaborazione dell’infermiera di sala, sia la conta delle garze che quella dei ferri disposti per l’operazione.

Nel corso dell’intervento, però, risultano segnate nella Check list unicamente le aggiunte di garze laparotomiche, di garze 10×10 e di tamponcini, resisi via via necessari. Le varie voci risultano poi in buona parte barrate, a testimonianza di un conteggio tale da far pensare che effettivamente, dispostisi in due, i soggetti incaricati della conta abbiano, l’uno, contato le garze, e l’altro, tracciato un segno sulla voce corrispondente della Check list, a riscontro. Inotre, è annotato a latere un conteggio delle garze alle ore 13.30, a dott. L. già uscito e a infermieri deil secondo turno non ancora arrivati in sala operatoria.

Diversamente, per quanto riguarda la conta dei ferri, la check list dà conto solo del conteggio iniziale. Erano, cioè disponibili per l’operazione n. 1 set di ferri lunghi; 1 set di L.; 1 set di rete base; 1 set di forbici. Null’altro è indicato nelle caselle successive, i cui spazi destinati alla registrazione di eventuali aggiunte di strumentazione e alle conte intermedia e finale, sono totalmente vuoti.

A sottoscrizione della Check list sono, poi, presenti tutte le sigle riferite agli infermieri che hanno preso parte all’intervento, sia le odierne convenute, la ferrista G. D. e l’infermiera di sala, A.G., sia quelli del secondo turno, subentrate intorno alle ore 14.00, la ferrista Ambrogi Francesca e l’infermiere di sala Cossara Giovanni.

E’ poi presente, nello spazio lasciato alla firma del “chirurgo che verifica l’avvenuto conteggio garze e strumentario”, una sigla che dovrebbe essere quella del dott. L., in quanto primo operatore, ma che da questi è stata disconosciuta, senza, tuttavia, proposizione di querela di falso. Peraltro, anche la ferrista infermiera G. ha dichiarato di non riconoscere la sigla.

La Check list attesta che la conta dei ferri non è stata effettuata, se non all’apertura.

A nulla valgono le giustificazioni addotte dal dott. D. e dall’infermiera ferrista G., che vorrebbero ascrivere a responsabilità organizzativa della ASL la predisposizione di una check list che richiede l’indicazione del numero dei set di ferri utilizzati, invece che direttamente il numero dei ferri, asserendo che la modalità di conteggio per set andrebbe a discapito di una corretta conta. Non vi è chi non veda, infatti, che senza dover ricorrere all’osservazione contraria del dott. L., secondo cui il conteggio per set sarebbe altrettanto agevole, dato che si conosce il numero di ferri per set, nel caso di specie i criteri adottati dalla ASL nel predisporre il modulo della Check list non hanno rilevanza alcuna, in quanto è la conta stessa che manca e non il modo con cui poteva essere effettuata.

Inoltre, rispetto al dato documentale, rappresentato da una check list compilata solo per quanto riguarda le garze, e in bianco per quanto riguarda i ferri chirurgici, poco contano anche le affermazioni rappresentate dal chirurgo L., di avere più volte chiesto la conta, tanto più a fronte della sua negazione della paternità della sigla apposta a sottoscrizione della check list, nonostante che detta sottoscrizione rientrasse, invece, nei sui doveri.

Neppure, infine, può essere accolta la sua presa di distanza da ogni responsabilità per la conta, nel punto in cui evidenzia che si tratta di “mansione tipica e specifica del personale infermieristico – strumentista, infermiere di sala o altri operatori di supporto” rimanendo in capo al chirurgo “tutt’al più la verifica che il conteggio sia stato eseguito”.

Se, infatti, può essere comprensibile che la conta sia comunque effettuata manualmente dal personale di supporto, rimanendo il chirurgo dedicato allo svolgimento dell’operazione, la Procedura rimette comunque alla sua responsabilità primaria la conta di garze e ferri durante l’intervento in tre momenti ben precisi e, cioè, “prima di chiudere una cavità dentro un’altra”, “all’eventuale cambio del chirurgo responsabile dell’equipe” e “prima di chiudere la ferita”.

Di tali conte, anche ammesso che siano state solo richieste dal primo operatore, non vi è traccia alcuna nella check list, neppure con riguardo al momento conclusivo dell’operazione, subito prima di lasciare la sala operatoria, con cambio medico a favore dei due colleghi rimasti per le suture e l’ileostomia, in tal modo contravvenendosi ben due delle disposizioni contenute nella Procedura di prevenzione del rischio.

Alla stessa stregua neppure possono ritenersi significative le dichiarazioni dell’infermiera ferrista di avere più volte effettuato la conta.

Questa, infatti, è stata correttamente svolta prima dell’inzio dell’operazione, ma per i ferri, come visto, non risulta essere stata più ripetuta. Anche nel caso della ferrista, la responsabilità in forma primaria per la conta è prevista, oltre che nella fase iniziale, al “momento del cambio – in questo caso – degli infermieri”, e “alla chiusura della cute” o “al termine della procedura”.

Orbene, risulta agli atti che il cambio turno degli infermieri sarebbe avvenuto con loro subentro circa alle ore 14.00.

In quella fase le infermiere uscenti e quelli subentranti avrebbero dovuto provvedere ad una conta di garze e ferri. Risulta, invece, dalla check list, che da poco era stata fatta quella delle garze (ore 13:30), siglata dalla stessa infermiera G. e dall’altra infermiera del primo turno, e nulla era stato fatto al cambio turno, né per garze né per ferri o altri strumenti operatori.

Infine, neppure possono ritenersi convincenti le difese dell’infermiera di sala A., che non avrebbe potuto partecipare alla conta in quanto “non sterile” e che, quindi avrebbe contribuito all’operazione solo all’inizio, a strumenti operatori ancora sigillati.

Al riguardo basti ricordare che l’apporto complementare alla conta è ascritto all’infermiere di sala in ogni caso, data la necessità di procedervi in coppia, e che l’infermiera avrebbe ben potuto assumere il compito della compilazione della check list a fronte del conteggio a voce alta da parte della collega. Peraltro non si ritiene di escludere che questo sia avvenuto per la conta delle garze delle 13:30, che reca appunto anche la sigla dell’infermiera A., mentre nulla è avvenuto per i ferri, che, appunto, non risultano contati.

Dall’omissione della conta degli strumenti discendono causalmente la mancata scoperta del ferro abbandonato nell’addome del paziente e il conseguente danno erariale indiretto di cui è causa, con concorso concausale di tutti i soggetti che a detta conta erano tenuti, sia quelli chiamati al presente giudizio, il primo operatore, la ferrista e l’infermiera di sala del primo turno, sia quelli non chiamati, seppure a procedura non archiviata, e cioè la ferrista e l’infermiere di sala del secondo turno, per questi ultimi fatta salva prova contraria da acquisire nel cotraddittorio delle parti nel caso che l’Organo requirente ravvisi gli estremi di una riapertura del fascicolo in parte qua.

Sta di fatto che questi ultimi, non solo avrebbero dovuto chiedere la conta al loro subentro, ma anche alla chiusura della cute o al termine della procedura, come sopra evidenziato.

Non vi è, cioè, secondo la Procedura di prevenizione del rischio, una preclusione alla conta una volta che le suture sono state completate, ma all’opposto, un obbligo, a tutti i livelli, a partire dalla chiusura della ferita, ove la responsabilità è, come visto, posta in capo al chirurgo, per arrivare alla chiusura della cute, con responsabilità del ferrista e dell’infermiere di sala in turno a quel momento.

Non vale, pertanto, ad escludere la responsabilità, né a recidere il nesso causale tra la condotta di omessa conta e il danno (mancata scoperta del ferro recluso), la difesa secondo cui la conta non poteva più essere fatta perché l’operazione era ormai terminata, come asserito dal dott. L., rientrato nella sala operatoria per dirimere la controversia sorta tra gli altri due medici sulle modalità di sutura, ad addome chiuso.

A maggior ragione, dunque, concorrono causalmente all’omessa conta anche i due medici rimasti per le suture, sia perché, una volta allontanatosi il primo operatore, sarebbero a loro volta subentrati nel ruolo, con i conseguenti doveri, non ottemperati, sia perché, in quanto componenti dell’equipe medica, avrebbero dovuto, come tutti gli altri componenti, rendersi conto che durante l’intervento non avveniva la conta “a voce alta” dei ferri operatori, ma solo quella delle garze.

4.4 Concause sopravvenute.

In relazione all’esame del nesso di causalità tra le condotte attive ed omissive sudescritte e il danno, occorre poi dedicare una specifica attenzione ad alcune eccezioni sollevate al riguardo dai convenuti A. e D.. L’infermiera A. ha sostenuto a sua difesa il ricorrere di “concause esterne alla causazione del danno” ritenute idonee ad interrompere il nesso di causalità tra le condotte sin qui descritte e il danno causato al paziente.

Si tratterebbe dello stato di “destabilizzazione e confusione” generato, da un lato, dalle due liti sopravvenute alla fine dell’intervento tra i medici lasciati a completare le suture e, dall’altro lato, dal cambio di turno infermieristico a intervento quasi concluso.

I due fattori causali avrebbero determinato l’interruzione dell’ordinario iter procedurale e sarebbero attribuibili, nel primo caso, ai due medici e, nel secondo caso, ad un difetto organizzativo della ASL, reso ancor più evidente dall’accertata dimenticanza iniziale della registrazione del cambio turno e del subentro degli infermieri Ambrogi e Cossara, poi corretta con riapertura del registro operatorio in data successiva (cd. “disconvalida”).

In contrario avviso, il dott. D. negherebbe la rilevanza delle liti e la portata causale rispetto alla relizione della pinza nell’addome del paziente a queste in parte ascritta dall’Organo requirente. Tuttavia, come accennato, sollecitata in udienza alla verbalizzazione nel senso della non rilevanza delle dette liti, la difesa del convenuto non ha ritenuto di insistere con l’obiezione.

Inserisce anch’esso, per converso, nella propria difesa, quale fattore concausale del danno, una presunta responsabilità organizzativa della ASL, asseritamente riferibile alla confusione determinata, questa volta, dalla presenza nella sala operatoria di un eccessivo numero di persone, ivi comprese le infermiere tirocinanti in formazione, che si sarebbero assommate agli infermieri del secondo turno sopravvenuti intorno alle 14:00, ingenerando una situazione di confusione di per sé sola atta a cagionare la distrazione e il danno.

Ritiene, innanzitutto, il Collegio che le liti tra i medici siano effettivamente avvenute, come dimostrato dalle deposizioni rilasciate in sede istruttoria dai soggetti presenti in sala operatoria, tutte precise e concordanti, e confortate dalla stessa Coordinatrice del personale infermieristico, che, trovandosi al momento del fatto nel proprio ufficio, era stata richiamata fuori dalla stanza dal clamore che si era generato. Peraltro, la stessa difesa del dott. D. non ha potuto insistere in senso negativo sul punto.

Ritiene, tuttavia, che, anche considerandone il possibile apporto al generale stato di confusione cui è conseguita, quanto meno, l’omissione della conta dei ferri al passaggio di turno degli infermieri e alla fine dell’operazione, le liti intercorse non possano avere avuto un effetto di interruzione del nesso di causalità tra la condotta tenuta dall’equipe medica e il danno cagionato al paziente, ma, aggiungendosi agli altri fattori causali sopra richiamati, hanno concorso con questi al danno. Assumono pertanto rilevanza nella sede della graduazione della responsabilità dei medici coinvolti, in termini valutazione di un maggior apporto concausale al danno.

Quanto al tentativo di addossare alla ASL la responsabilità della vicenda per difetti organizzativi in forza dei quali sarebbe sopravvenuta la condizione di confusione che ha determinato il danno, si ritiene di dover escludere la portata di tali argomentazioni in senso interruttivo della concatenazione causale che lega le condotte dell’intera equipe medica sin qui descritte al danno, per ciascuno dei componenti per la sua parte.

È infatti previsto e ammissibile che si abbia un cambio di turno tra infermieri nel corso dell’operazione chirurgica, specie se questa abbia una durata che si prolunga per 7 ore, come avvenuto nella specie. Proprio nell’occasione del cambio turno è, tra l’altro, previsto l’obbligo di conta dei ferri, che, se effettuato, avrebbe fatto emergere la mancanza della pinza kocher, evitando il danno al paziente e anche il conseguente danno erariale.

È altresì previsto ed ammissibile che in una sala operatoria siano presenti infermieri in formazione, peraltro, come in questo caso nel numero contenuto di due, non potendosi questo imputare ad un difetto organizzativo ma al contrario ad un opportuno adempimento di doveri di formazione del personale da parte della ASL, non potendosi imputare a tale circostanza l’effetto della causazione di danni derivanti piuttosto dalla violazione di varie prescrizioni ed obblighi da parte di tutti i componenti dell’equipe medica in diversa misura.

  1. Elemento soggettivo della responsabilità. Colpa grave.

Peraltro, quanto sin qui argomentato può essere esaminato anche per quanto riguarda l’elemento soggettivo della colpa grave riscontrato dalla Procura erariale a carico di tutti i componenti dell’equipe per l’omissione della conta dei ferri.

Infatti, indicandosi la colpa grave rilevante ai fini della responsabilità erariale come la violazione dei doveri di diligenza, prudenza e perizia attesi, nella specie, dal professionista medio del settore sanitario, medico o infermiere, viene in considerazione anche in questo caso l’acclarato mancato rispetto della Procedura di prevenzione del rischio.

Deve, infatti, riconoscersi che il rischio di ritenzione di garze o ferri durante un intervento chirurgico è tutt’altro che sconosciuto e non prevedibile e che le misure apprestate dalla Procedura formalizzata dalla ASL di Massa e Carrara sono volte a prevenirlo.

E’ ben vero che, come afferma la convenuta A. richiamando in via esemplificativa un precedente giurisprudenziale della Sezione Emilia Romagna, “la disciplina contenuta nelle norme in materia di esercizio delle professioni sanitarie non [impone] l’osservanza assoluta e acritica delle linee guida riconosciute dalla comunità scientifica, a pena di incorrere in automatiche quanto pericolose responsabilità sul piano amministrativo, quanto piuttosto [v-uole] offrire un modello comportamentale, a vantaggio del medico o dell’operatore sanitario, opponibile da quest’ultimo in caso d’imputazione per un reato colposo, al fine di confutare la contestazione di responsabilità penale.” La pronuncia richiamata dalla convenuta precisa anche che “Tale modello comportamentale può essere fatto valere solamente dal medico o dall’operatore sanitario a proprio vantaggio per contrastare la pretesa punitiva in ipotesi accusatoria di un reato colposo, laddove egli ritenga di aver seguito norme comportamentali valide a escluderne la punibilità (Cass. Pen. n. 16237/2013), e non certo a discapito dello stesso, sul piano della responsabilità civile o amministrativa, qualora la condotta del sanitario non sia stata aderente a dette “guidelines” (Corte dei conti, Sez. Emilia Romagna, sent. n. 100/2017).

La linea interpretativa è condivisa in relazione alle Linee guida in campo medico, cui effettivamente la pronuncia richiamata si riferisce. Sono, infatti, queste, documenti aventi la funzione di “guidare” le decisioni del professionista sotto forma di “raccomandazioni” in tema di diagnosi delle malattie, di terapie, di interventi chirurgici, di trattamento e gestione del paziente, basandosi sulla letteratura e sulla ricerca medica. Proprio in forza della costante evoluzione della ricerca e del conseguente sviluppo dei suoi esiti in campo scientifico, sono rivedibili ed aggiornabili, ed è facoltà del medico di discostarsene in ragione di esperienza specifica e/o di nuovi traguardi di conoscenza scientifica, che, diversamente sarebbero preclusi.

Non è, tuttavia, questo, il caso di specie.

Al contrario, la Procedura per la prevenzione del rischio, non ha ad oggetto scelte mediche, ma operazioni da ripetersi nella sede dell’intervento chirurgico, equiparabili a quelle che definiscono gli obblighi di sterilizzazione degli strumenti, il lavaggio delle mani dei sanitari intervenuti, la vestizione con camice e accessori. Non vi è, cioè, lo spazio per una valutazione autonoma se fare o meno la conta delle garze o dei ferri, discernendo se questa possa o meno essere la più utile per la salute del paziente, come invece avviene rispetto alle indicazioni contenute nelle Linee guida mediche rivolte alla cura, richiamate dalla convenuta.

Il discostarsi, rinunciando del tutto al conteggio dei ferri chirurgici ed effettuando solo quello delle garze, come avviene nel caso di specie, pone oggettivamente in pericolo il paziente esponendolo a vicende simili a quella effettivamente accaduta.

Né può sostenersi che ciò non sia ampiamente noto nell’ambiente sanitario o che le conseguenze di simili omissioni non siano prevedibili ex ante, tanto è vero che la giurisprudenza in materia ha riconosciuto l’elemento soggettivo della colpa grave per danni conseguenti al mancato conteggio di garze o ferri anche in assenza di regolamentazioni di prevenzione del rischio (Corte conti, Sez. giur. Emilia-Romagna, 27 febbraio 2015, n. 21; Sez. giur. Toscana, 18 novembre 2014, n. 214; Sez. Appello Sicilia, n. 216/2018; Appello, Sez. II, 31 luglio 2019, n. 278; id, Sez. II, 21 dicembre 2018, n. 741).

Risulta, pertanto, ascrivibile a colpa grave la condotta del chirurgo e della ferrista, quanto meno del primo turno (rimane da verificare quella della ferrista del secondo turno, non chiamata al presente giudizio), che non hanno effettuato la conta dei ferri, insieme a quella degli infermieri di sala che si sono succeduti nel corso dell’intervento.

Altrettanto ascrivibile a colpa grave è la condotta dei due medici ausiliari al primo operatore che, nel tempo in cui si sono trovati a completare l’intervento con le suture non hanno provveduto alle conte, neppure dopo la chiusura della cute.

È, infine, ascrivibile a colpa grave dell’intera equipe medica, l’omessa vigilanza sulla effettuazione o meno della conta, cui tutti erano tenuti stante la previsione dell’obbligo di conteggio degli strumenti “a voce alta”.

Venendo, poi, all’indagine sull’atteggiamento psicologico che più direttamente riguarda la condotta attiva, di smarrimento del ferro chirurgico nell’addome del paziente da parte di uno dei medici, ed omissiva, da parte, in questo caso, di tutti i medici dell’equipe, che hanno operato intorno alla ferita senza verificare mai la presenza di materiali impropri, non vi è dubbio che questo sia riconducibile alla violazione di quelle regole di diligenza, prudenza e perizia professionale che devono informare l’azione del chirurgo al tavolo operatorio.

Infine, una nota deve essere spesa con riguardo alle liti insorte in sala operatoria tra i due medici, secondo e terzo operatore, per la scelta della procedura di chiusura dell’addome e del filo di sutura per la chiusura della cute, e all’assenza del chirurgo responsabile dell’equipe.

Infatti, rilevato il nesso concasuale delle tre condotte, va preliminarmente considerato che, se il dott. L. non si fosse allontanato, con altissima probabilità non sarebbe insorto alcun dissidio. Non è pertanto irrilevante che questi, rimettendo il seguito dell’operazione ai due colleghi, abbia di fatto rinunciato “a dirigere e a coordinare l’attività svolta dagli altri medici…controllandone la correttezza e ponendo rimedio, ove necessario, ad errori altrui”, attività cui era tenuto proprio per la già richiamata “posizione di garanzia nei confronti del paziente” a questi ascritta dalla propria posizione di primo operatore responsabile dell’equipe (Cass. pen., 5 agosto 2016 n. 34503; Corte dei conti, Sez. Toscana, n. 440 del 19 giugno 2019).

Ciò premesso, e venendo all’elemento soggettivo che connota la condotta degli altri due medici, non può non rimarcarsi che uno scontro verbale al tavolo operatorio, ripetuto più volte e seguito dall’allontanamento, prima di uno, e poi di entrambi i medici, lasciando il paziente anestetizzato da solo con le infermiere, non corrisponde ad un agire diligente, ben concorrendo, anche per questo verso, a segnare la colpa grave dei convenuti.

In un simile quadro, pertanto, a nulla rileva l’obiezione sollevata dal dott. D., volta a contestare il valore probatorio degli atti di causa formatisi nel processo penale successivamente estinto per remissione della querela in ordine all’elemento soggettivo della colpa grave che caratterizza le condotte allo stesso ascritte.

Le condotte sin qui descritte risultano, infatti, comunque accertate nella sede del presente giudizio e appaiono di per sé sole idonee a riconoscere il profilo soggettivo della colpa grave in capo a questi come agli altri convenuti.

  1. Ripartizione della responsabilità parziaria tra i componenti dell’equipe medica.

Alla luce di quanto sin qui considerato sussite la responsabilità erariale dei componenti dell’intera equipe medica per il danno derivante dalla vicenda di malpractice sanitaria esaminata, residuando uno spazio di valutazione della responsabilità anche a carico degli infermieri del secondo turno, non considerati dalla citazione introduttiva del presente giudizio, e la cui disamina è pertanto rimessa ad altra sede, comunque eventuale, in base alle nuove valutazioni che potranno essere svolte dal P.M. erariale.

Non è, pertanto, condivisa dal Collegio l’originaria ripartizione della responsabilità proposta dall’Organo requirente, che attribuiva la responsabilità al 50% dell’importo di danno al chirurgo primo operatore, al 20% alla ferrista del primo turno e poi, a discendere, agli altri due medici e all’infermiera di sala, sempre del primo turno.

Considerate le condotte tenute e il diverso grado di apporto causale dei compartecipi, si ripartisce preliminarmente il danno da risarcire assegnando i due terzi a carico dei medici componenti dell’equipe e un terzo a carico del personale infermieristico complessivamente considerato.

Infatti, i medici rispondono sia della condotta riferita alla dimenticanza della pinza cocker e del suo mancato ritrovamento nello svolgimento delle diverse attività che li hanno via via impegnati sull’area dell’operazione, sia della condotta di omessa conta dei ferri, ciascuno per il tempo in cui è stato dominus dell’operazione e, comunque, sia nelle fasi del cambio dei medici, nel loro ripetuto andirivieni, che in quelle immediatamente successive alla chiusura delle ferite, con responsabilità in via principale per la conta da effettuare, o far effettuare, prima della chiusura della ferita e a cambio chirurgo e in via complementare negli altri casi.

Per converso, gli infermieri vengono in considerazione per la sola componente di responsabilità riguardante le operazioni di conta, di cui i ferristi rispondono in modo primario solo per la conta iniziale, a chiusura della cute e a cambio turno infermieri e in modo complementare per le restanti, mentre gli infermieri di sala rispondono sempre a solo titolo di coinvolgimento e supporto.

Conseguentemente, dell’intero importo di danno di € 60.000,00, € 40.000,00 sono imputati ai tre medici ed € 20.000,00 ai quattro infermieri coinvolti nell’equipe.

Nell’ambito dei rapporti di responsabilità interna tra i medici, il Collegio ritiene di attribuire al dott. L. una quota di responsabilità pari al 45% e cioè € 18.000,00. Egli, infatti, in quanto capo dell’equipe e primo operatore, aveva il dovere di svolgere diligentemente l’intervento, ma anche di vigilare sull’intero esito dell’operazione. Allontanandosi dal tavolo operatorio ha rinunciato a quella vigilanza, cui sarebbe stato, comunque, tenuto, e che, in ogni caso, avrebbe molto probabilmente evitato le liti tra i due rimanenti medici. È, inoltre, a lui personalmente escritta la responsabilità primaria per alcune fasi della conta degli strumenti operatori che, seppure si voglia ritenere non dovesse svolgere in prima persona, doveva comunque essere dallo stesso puntualmente pretesa e controllata.

Di minore rilievo è la responsabilità degli altri due medici, riferibile agli obblighi personali della diligenza e della perizia nello svolgimento dell’attività medica e all’attenzione reciproca alla pulizia da strumenti estranei del sito operato. Sussiste, inoltre, la responsabilità per omessa conta e per omessa vigilanza sulla conta.

Il sopravvenire della lite tra i due medici e il comportamento conseguente determina l’assegnazione della maggiore quota di rsponsabilità a carico del dott. D., per essersi allontanato più volte dalla sala operatoria, rispetto al dott. D. che l’ha lasciata una sola volta, con assegnazione per il primo del 30% della quota di responsabilità ascritta ai medici, pari ad € 12.000,00, comunque assorbiti dalla definizione del giudizio con la formula dell’abbreviato. Al dott. D. è invece assegnata la restante quota di responsabilità del 25%, pari ad € 10.000,00.

Nell’ambito dei rapporti di responsabilità interna tra gli infermieri, la terza parte del danno a questi complessivamente ascritta va ripartita in parti uguali tra i sanitari componenti, ciascuno, dei due turni, riconscendosi che anche gli infermieri del secondo turno avrebbero dovuto essere chiamati al presente giudizio, in quanto tenuti ad operare le conte degli strumenti operatori, sia al momento del subentro, che al momento della chiusura della cute.

In tale ambito, poi, si rileva che i ferristi sono soggetti a maggiore responsabilità, stante la previsione della loro responsabilità in via principale, nella Procedura di prevenzione dei rischi, in più momenti dell’intervento.

Pertanto, se la quota di responsabilità degli infermieri complessivamente considerati è pari a € 20.000,00 (un terzo del danno risarcibile), di questi, € 10.000,00 sono da intendersi a carico delle infermiere del primo turno e, in particolare, il 75% a carico della ferrista, pari ad € 7.500,00, e il 25% a carico dell’infermiera di sala, pari ad € 2.500,00.

I restanti € 10.000,00 sono astrattamente conteggiati a carico degli infermieri del secondo turno, ferma restando la facoltà della Procura erariale di chiamarli in giudizio una volta rivalutata la loro posizione e di sentirli nel contraddittorio pieno ai fini della eventuale nuova valutazione delle loro posizioni.

Non ritiene il Collegio di accedere alle domande di riduzione dell’addebito presentate in atti da tutti i convenuti. Non ricorrono, infatti, circostanze soggettive o oggettive che giustifichino l’applicazione del potere riduttivo, trattandosi, nel caso di specie, di un intervento chirurgico che, pur nella sua complessità, non aveva caratteri diversi dall’ordinario, atti a determinare una particolare condizione di oggettiva difficoltà sia nell’operare che nel rispettare le procedure, anche per quanto riguarda la conta degli strumenti operatori. Neppure sussistono condizioni soggettive riferibili anche a uno solo dei componenti dell’equipe che ne differenzino le condizioni di svolgimento della prestazione professionale da quelle ordinariamente affrontate, non rappresentate dai convenuti, ma, ove presenti in atti, rilevabili anche officiosamente dal giudice. Né il comportamento precedente o successivamente tenuto dai convenuti è stato utile ai fini dell’esercizio del potere riduttivo.


In conclusione, per tutto quanto sopra esposto, espunta la posizione del dott. D., gia definita con sentenza a seguito di giudizio abbreviato, e non considerata quella degli infermieri del secondo turno, Ambrogi Francesca e Giovanni Cossara, i convenuti L. M., D. M., G. D. e A.G. sono condannati al pagamento, in favore della ASL 1 di Massa e Carrara, dell’importo complessivo di € 60.000,00 – € 12.000,00 (quota del dott. D.) – € 10.000,00 (quota rimanente ove si ritenessero gli estremi per una nuova azione a carico degli infermieri del secondo turno), e cioè € 38.000,00, così ripartiti:

· € 18.000,00 a carico del dott. L. M.;

· € 10.000,00 a carico del dott. D. M.;

· € 7.500,00 a carico dell’infermiera G. D.;

· € 2.500,00 a carico dell’infermiera A.G..

Gli importi devono essere maggiorati della rivalutazione monetaria, da calcolare su base annua e secondo gli indici ISTAT per le famiglie di operai e impiegati, a far data dall’evento lesivo, ovverosia dal giorno del pagamento delle somme corrisposte a tittolo di risarcimento del danno cagionato al paziente, fino alla pubblicazione della presente sentenza; sulla somma così rivalutata, sono dovuti gli interessi legali, dalla pubblicazione della sentenza e fino al soddisfo.

Le spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Toscana, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, rigettate le eccezioni preliminari di merito,

CONDANNA

· il dott. L. M. al pagamento, in favore della AUSL 1 di Massa e Carrara, dell’importo di € 18.000,00;

· il dott. D. M. al pagamento, in favore della AUSL 1 di Massa e Carrara, dell’importo di € 10.000,00;

· l’infermiera G. D. al pagamento, in favore della AUSL 1 di Massa e Carrara, dell’importo di € 7.500,00;

· l’infermiera A.G. al pagamento, in favore della AUSL 1 di Massa e Carrara, dell’importo di € 2.500,00;

il tutto, oltre alla rivalutazione monetaria dalla data dell’evento lesivo fino alla data di pubblicazione della presente sentenza, oltre agli interessi legali sulla somma così rivalutata, da quest’ultima data e fino al soddisfo.

Pone a carico dei convenuti le spese di giudizio, che liquida, fino al deposito della presente sentenza, in complessivi €. 240,94.= (diconsi Euro Duecentoquaranta/94.=).

Manda alla Segreteria per le comunicazioni di rito.

Così deciso in Firenze, nella camera di consiglio del 7 settembre 2022.