nullità contratto preliminare cessione farmacia. condizioni di incompatibilità
28/07/2020 n. 16050 - Cassazione civile sez. II
La disposizione della L. n. 475 del 1968, art. 12, che consente il trasferimento della farmacia solo a favore di persona dotata di particolari requisiti, non impedisce la stipulazione di un contratto preliminare di compravendita della farmacia condizionato alla futura acquisizione dei requisiti di legge da parte del promittente acquirente o di un terzo a favore del quale il contratto preliminare sia destinato a operare e che lo stipulante si riservi di indicare (Cassazione civile sez. III, 01/04/2014, n. 7525; Cassazione civile sez. II, 21/06/1995, n. 7026; Cassazione civile sez. II, 22/10/2015, n. 21523).
I FATTI
1. Con atto di citazione notificato il 2.10.2008, M.R. citò in giudizio, innanzi al Tribunale di Napoli, OMISSIS per chiedere emettersi sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., in luogo del contratto preliminare, concluso inter partes, in data 3.10.1995, con il quale la Z. si era impegnata a trasferire la proprietà di una farmacia sita in (OMISSIS) ad una società in accomandita semplice, da costituire tra di loro o con persona indicata dalla M..
1.1. L’attrice espose che il preliminare era stato concluso immediatamente dopo l’acquisto della farmacia, che aveva pagato attraverso l’emissione di assegni circolari emessi in favore della Z.; sosteneva che la convenuta era rimasta inadempiente agli obblighi nascenti dal contratto preliminare, nel quale era previsto che la costituzione della società in accomandita semplice sarebbe dovuta avvenire nei successivi tre anni dall’intestazione della titolarità della farmacia. Nella costituenda società, la Z. doveva assumere la posizione di socio accomandante con un quota del 10%, salvo la facoltà di accrescimento fino al 30%, mentre l’attrice avrebbe assunto il ruolo di socia accomandataria, con una quota pari al 70%. L’accordo prevedeva, inoltre, che la Z. avrebbe ritrasferito la titolarità della farmacia alla M., assumendo in essa il ruolo di direttore tecnico.
In via subordinata, la M. chiese la condanna della Z. alla restituzione delle somme anticipate per l’acquisto della farmacia.
1.2. Si costituì la Z. ed eccepì, in primo luogo, la nullità del contratto preliminare del 3.10.1995, perchè contrario alla L. n. 362 del 1991, art. 7, non essendo consentita l’acquisizione della titolarità della farmacia da parte di una società in accomandita semplice e per indeterminatezza dell’oggetto.
Quanto alla richiesta di restituzione delle somme anticipate dall’attrice per l’acquisto della farmacia, eccepì la prescrizione del diritto e, nel merito, di aver restituito l’intera somma a Ma.Gi., coniuge della M..
1.3. Venne, quindi, disposta la chiamata in causa del Ma., che negò di aver ricevuto dette somme in restituzione dell’importo versato dalla M. per l’acquisto della farmacia da parte della Z., sostenendo di aver ricevuto il denaro dalla convenuta in qualità di socio dell’associazione in partecipazione costituita il 3.10.1995 con la Z.; chiese, quindi, in via riconvenzionale, la condanna della Z. alla corresponsioni degli utili di detta società dal 2005, assumendo che da quella data non gli erano stati più corrisposti.
1.4. Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 19.4.2011, rigettò la domanda principale e riconvenzionale.
1.5. Quanto alla domanda principale, affermò che il contratto del 3.10.1995 era contrario a norme imperative, in quanto la L. n. 362 del 1991, art. 7, vietava la costituzione di società di persone per la gestione di una farmacia privata; il contratto era, inoltre, indeterminato perchè non conteneva gli elementi essenziali per la stipula del definitivo; dichiarò prescritta la domanda di restituzione delle somme versate per l’acquisto della farmacia, proposta in via subordinata dalla M..
1.6. La domanda riconvenzionale proposta da Ma.Gi. nei confronti della Z. di riconoscimento degli utili dell’associazione in partecipazione venne rigettata in ragione della declaratoria di nullità del contratto di associazione in partecipazione, per mancata sottoscrizione di uno degli associati, ossia B.A.R., e, comunque, per mancanza di prova.
2. Propose appello M.R., deducendo l’erroneità della decisione del giudice di primo grado, sia per aver ritenuto vietata la titolarità della farmacia da parte di una società di nuova formazione, sia sotto il profilo dell’indeterminatezza dell’oggetto; sostenne, inoltre, che, in virtù della conservazione degli atti negoziali, la scrittura privata avrebbe potuto produrre gli effetti di un contratto di associazione in partecipazione. Contestò, infine, che l’azione di restituzione fosse affatto prescritta, avendo il Tribunale errato nell’individuazione del dies a quo.
2.1. Si costituì il Ma., aderendo all’appello principale e, in via incidentale, chiese la riforma della sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale aveva rigettato la propria domanda riconvenzionale di riconoscimento degli utili derivanti dall’associazione in partecipazione, per omessa sottoscrizione del terzo associato; propose, inoltre, il disconoscimento delle propria sottoscrizione in calce alle quietanze di pagamento che aveva rilasciato la Z..
2.3. Si costituì in giudizio la Z., chiedendo il rigetto dell’appello principale della M. a dell’appello incidentale del Ma.; in caso di accoglimento degli appelli, propose appello incidentale condizionato per vedersi riconosciuti gli utili nella misura del 30% nella costituenda società.
2.4. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 19.5.2015, rigettò l’appello principale della M., quello incidentale del Ma. e dichiarò assorbito l’appello incidentale condizionato proposto dalla Z..
2.5. Per quel che ancora rileva nel giudizio di legittimità, la corte territoriale, non ravvisò la nullità del contratto preliminare per violazione per della L. n. 362 del 1991, art. 7, in quanto, secondo l’interpretazione della norma, la gestione delle farmacie era consentita alle società di persone.
2.6. Dissentì dalla motivazione del Tribunale in ordine al profilo della indeterminatezza dell’oggetto, osservando come nel contratto del 3.10.1995, fossero indicati tutti gli elementi essenziali per la costituzione della società, ovvero i dati anagrafici dei soci, accomandanti ed accomandatari, l’oggetto sociale e la partecipazione agli utili ed alle perdite.
2.7. Rigettò, invece, la domanda di adempimento coattivo del contratto preliminare, in quanto nella costituenda società la M. avrebbe assunto la qualità di socia accomandataria, pur essendo, nel contempo titolare di farmacia in (OMISSIS); il contratto definitivo avrebbe violato norme imperative, e, segnatamente la L. n. 362 del 1991, art. 8, comma 1, che vietava al socio di società di farmacisti di ricoprire la carica di titolare o collaboratore di altra farmacia. La corte distrettuale osservò che, pur avendo la M. chiesto che il trasferimento avvenisse in capo ad uno o più soggetti designati, ovvero nella forma del contratto per persona da nominare, non vi era stata alcuna indicazione della persona che avrebbe dovuto rivestire la qualità di socio accomandatario.
2.8. Rigettò, altresì, le domande di inadempimento e di restituzione dell’indebito avanzate dalla M..
3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso M.R. sulla base di tre motivi.
3.1. Ha resistito con controricorso Ma.Gi., che ha proposto ricorso incidentale sulla base di tre motivi.
3.2. Ha resistito con controricorso Z.M.T., proponendo ricorso incidentale sulla base di tre motivi e ricorso incidentale condizionale all’accoglimento del secondo e/o terzo motivo del ricorso principale, affidato a sei motivi; ha depositato memorie illustrative in prossimità dell’udienza.
3.3. Il Pubblico Ministero nella persona del Dott. Corrado Mistri ha chiesto il rigetto del ricorso ed ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Va preliminarmente esaminato, per ragioni di carattere logico- giuridico, il ricorso incidentale proposto da omissis ..
1.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1418 c.c., L. n. 362 del 1991, art. 7, art. 12 preleggi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la corte di merito ritenuto la nullità del contratto preliminare del 3.10.1995 nonostante l’accordo fosse contrario a norme imperative, in quanto la L. n. 362 del 1991, art. 7, vieterebbe la gestione delle farmacie alle società di persone, limitando l’esercizio alle società cooperative a responsabilità limitata, che già gestivano farmacie anteriormente all’entrata in vigore della legge. La ricorrente assume che, secondo l’interpretazione letterale della norma, le cooperative a responsabilità limitate, che gestivano farmacie da epoca precedente all’entrata in vigore della novella, potevano esercitare la gestione di nuove farmacie, sicchè era nullo il preliminare con cui le parti si impegnavano a costituire una società in accomandita semplice per l’esercizio della farmacia.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, si censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 1418 c.c. e dell’art. 1346 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte territoriale, il contratto preliminare sarebbe nullo anche per impossibilità dell’oggetto, perchè contra legem l’impegno a costituire una società, in cui la socia accomandataria fosse già titolare di altra farmacia. Secondo la ricorrente, la condizione di incompatibilità in cui versava la socia accomandataria era ostativo alla validità del contratto preliminare per impossibilità dell’oggetto sociale.
1.3. Con il terzo motivo del ricorso incidentale, si deduce la violazione degli artt. 1351,2315,2295,2316 e 2296 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito considerato valido il contratto preliminare nonostante fosse privo degli elementi necessari per la costituzione della società, quali il nominativo dei soci accomandanti ed accomandatari, dal momento che non poteva essere valida l’indicazione della M., quale socia accomandataria, in quanto già titolare di altra farmacia. Inoltre, poichè il preliminare deve rivestire la stessa forma del contratto definitivo, in ragione di tale incompatibilità, con il contratto definitivo si sarebbe pervenuti alla costituzione di una società semplice, che non avrebbe potuto esercitare la gestione della farmacia. In tale ipotesi, la socia accomandante avrebbe assunto la responsabilità illimitata per le obbligazioni della società, contro la sua stessa volontà.
1.4. I motivi, che vanno esaminati congiuntamente per la loro connessione, in quanto afferenti alla validità del contratto preliminare, sono infondati.
1.5. Il quadro normativo relativo alla gestione delle farmacie ha subito nel tempo numerose modifiche, che appare opportuno illustrare.
Con L. 22 maggio 1913, n. 468, “Disposizioni sulla autorizzazione all’apertura ed all’esercizio delle farmacie”, si afferma il principio che l’assistenza farmaceutica alla popolazione è un’attività primaria dello Stato, esercitata direttamente dallo stesso attraverso gli enti locali (comuni), oppure delegata a privati per l’esercizio, in regime di concessione governativa. In particolare, la concessione governativa, ottenuta attraverso concorso pubblico, per esami, senza possibilità d’acquisto, vendita, o trasferimento per successione, è “ad personam” e dura quanto la vita del titolare.
Nel successivo Testo Unico delle leggi sanitarie (R.D. 27 luglio 1934, n. 1265), al Capo II del Titolo II, intitolato “Del servizio farmaceutico” (artt. 104 e segg.), si sancisce, quindi, quale principio base, la regola inderogabile della personalità dell’autorizzazione amministrativa all’apertura e all’esercizio della farmacia, stabilendone, conseguentemente, l’incedibilità.
Solo con le leggi della Riforma Mariotti del 1968 (L. 8 marzo 1968, n. 221, “Provvidenze a favore dei farmacisti rurali” e L. 2 aprile 1968, n. 475, “Norme concernenti il servizio farmaceutico”) si introduce (anzi, reintroduce) la facoltà di trasferire le farmacie, contestualmente alla vendita dell’esercizio commerciale, sebbene condizionandola ad un insieme di vincoli e limitazioni. Ad ogni modo la gestione della farmacia deve essere diretta e personale da parte del titolare e la conduzione economica è inscindibile dalla gestione professionale.
Con L. 8 novembre 1991, n. 362, “Norme di riordino del settore farmaceutico”, vengono apportate alcune importanti modifiche ai principi introdotti dalla riforma Mariotti.
In particolare, all’art. 7, comma 1, viene affermato che la titolarità dell’esercizio della farmacia privata è riservata a persone fisiche, a società di persone ed a società cooperative a responsabilità limitata. Le farmacie private possono quindi essere:
- uninominali, quando la titolarità è in capo ad un singolo farmacista iscritto all’albo con i requisiti di idoneità. L’idoneità alla titolarità si può ottenere in seguito al superamento di un concorso per l’assegnazione di sedi farmaceutiche, oppure dopo un periodo di pratica professionale della durata di due anni svolto in una farmacia aperta al pubblico e certificato dall’Ufficio farmaceutico della ASL di competenza. La titolarità in capo a una persona fisica presuppone che il titolare sia responsabile della gestione patrimoniale e della conduzione tecnico-professionale della farmacia. Titolarità della farmacia e proprietà dell’azienda sono inseparabili, tanto che il trasferimento della titolarità comporta la cessione della proprietà;
- in gestione societaria, quando la titolarità è condivisa tra più farmacisti iscritti all’albo con i requisiti di idoneità, che a tal fine costituiscono una società di persone (società in nome collettivo e società in accomandita semplice);
- in gestione cooperativa (società cooperative a responsabilità limitata costituite tra farmacisti iscritti all’albo con i requisiti di idoneità), si tratta di forme residuali di gestione delle farmacie, per le quali la L. n. 475 del 1968, art. 20, ne ha consentito la prosecuzione della gestione, senza possibilità di trasferimento, salvo il caso di motivi di forza maggiore non imputabili a responsabilità della cooperativa.
- Le società per la gestione di farmacie private hanno come oggetto esclusivo la gestione di una farmacia. Possono essere soci della società esclusivamente farmacisti iscritti all’albo in possesso del requisito dell’idoneità e ciascun farmacista può essere socio soltanto di una società. La direzione della farmacia gestita dalla società è affidata ad uno dei soci che ne è responsabile.
Con il c.d. decreto Bersani (L. 4 agosto 2006, n. 248, “Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223”) si prevede che ogni società di gestione può essere titolare dell’esercizio di non più di quattro farmacie ubicate nella provincia dove ha sede legale.
In definitiva, la titolarità della farmacia viene estesa anche alle società di persone, sebbene con vincoli precisi e purchè tutti i soci siano farmacisti iscritti all’Albo e idonei alla titolarità.
1.6. La ratio legis, che prende le mosse dal D.Lgs. n. 362 del 1991, è di allargare la platea dei soggetti legittimati a gestire la farmacia, comprendendovi non solo le persone fisiche ma anche le società di persone e le società cooperative a responsabilità limitata, che gestivano le farmacie anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge.
E’ evidente che l’inciso “che gestiscano farmacie anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge” si riferisca unicamente alle società cooperative a responsabilità limitata, posto che la L. n. 475 del 1968, vietava alle società di persone la gestione delle farmacie, divieto che viene rimosso dalla L. n. 362 del 1991.
1.7. La possibilità che la gestione della farmacia potesse avvenire anche da parte di una società di persone ha trovato conferma nella giurisprudenza di questa Corte, che ha ammesso che la gestione di una farmacia privata possa essere legittimamente assunta anche da una società di fatto, sul presupposto che la L. 8 novembre 1991, n. 362, art. 7, consente che titolare della farmacia sia una società di persone. Ha aggiunto la Corte che una tale società non possa ritenersi affetta da nullità assoluta nel caso in cui uno dei due soci sia privo del requisito dell’idoneità di cui alla L. 2 aprile 1968, n. 475, art. 12, ovvero allorchè siano state omesse le prescritte comunicazioni della variazione di cui alla L. n. 362 del 1991, art. 7, in quanto la prima norma attiene solo alle formalità di ordine amministrativo che devono accompagnare il trasferimento dell’azienda, mentre l’omissione delle anzidette comunicazioni può comportare soltanto l’applicazione di sanzioni amministrative o disciplinari, senza incidere sull’esistenza e sulla validità della società (Cassazione civile sez. I, 19/09/2005, n. 18458).
1.8. Non è nemmeno ravvisabile la nullità del contratto preliminare sotto il profilo dell’impossibilità e dell’indeterminatezza dell’oggetto.
Gli elementi essenziali della società in accomandita semplice sono, ai sensi dell’art. 2316 c.c., le generalità dei soci, con l’indicazione del legale rappresentante, l’oggetto sociale, i conferimenti dei singoli soci, la ripartizione degli utili e la durata dalle società.
1.9. Tanto premesso, osserva il collegio che il contratto preliminare del 3.10.1995 conteneva l’indicazione dei dati anagrafici dei soci, con le rispettive qualità di soci accomandanti ed accomandatari, la ragione e l’oggetto sociale, la sede della società ed i conferimenti dei soci; la ripartizione degli utili e la durata vanno, invece, stabiliti ex lege con riferimento alla disciplina codicistica.
1.10. Quanto alla situazione di incompatibilità in cui versava la M., che nella costituenda società avrebbe dovuto assumere la qualità di socia accomandataria, pur essendo titolare di altra farmacia, si tratta di profilo afferente non la validità del contratto preliminare ma la sua efficacia, sia perchè la M. aveva previsto la nomina di un terzo per la costituzione della società – con ciò escludendosi in radice il dedotto vizio della nullità, in caso in cui l’electio amici fosse avvenuta e fosse conforme alle norme di legge – sia perchè il contratto in esame era sottoposto alla condicio iuris dell’ottenimento dell’autorizzazione amministrativa per l’esercizio dell’attività.
1.11. Quest’ultimo aspetto costituisce l’oggetto della censura del ricorso per cassazione proposto dalla M..
2. Con il primo motivo, si deduce, infatti, la violazione e falsa applicazione della L. n. 475 del 1968, art. 12 comma 3, L. n. 362 del 1991, art. 8,artt. 1418 e 1360 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito erroneamente rigettato la domanda ex art. 2932 c.c., poichè la socia accomandataria versava in una situazione di incompatibilità per essere già titolare di altra farmacia, in violazione della L. n. 362 del 1991, art. 8, comma 1, ritenendo che il trasferimento coattivo sarebbe contra legem. Osserva il ricorrente che l’esercizio dell’attività farmaceutica è condizionata all’autorizzazione del medico provinciale, L. n. 475 del 1968, ex art. 12, avente natura di condizione legale sospensiva, dal cui verificarsi dipende l’efficacia reale del contratto. In definitiva, l’esercizio dell’attività di farmacista potrebbe aver luogo solo in presenza di un atto dell’autorità amministrativa, indipendentemente dagli effetti del contratto preliminare, in quanto il promittente acquirente potrebbe sempre trasferire la farmacia e, in tal modo, trovarsi nelle condizione previste dalla legge per il legittimo esercizio della farmacia. Il trasferimento della farmacia in violazione della legge non comporterebbe, pertanto, la nullità dell’atto di trasferimento ma rileverebbe solo sotto il profilo delle sanzioni disciplinari da cui potrebbe essere attinto il farmacista, qualora egli versi in condizioni di incompatibilità.
2.1. Il motivo è fondato.
2.2. La L. 2 aprile 1968, n. 475, artt. 11 e 12, postulano rispettivamente che il titolare della farmacia abbia la gestione diretta e personale dell’esercizio e dei beni patrimoniali della farmacia (art. 11) e che il trasferimento della titolarità della farmacia abbia luogo a favore di un altro farmacista, che abbia conseguito la titolarità o sia risultato idoneo in un precedente concorso (art. 12).
2.3. La L. n. 362 del 1991, artt. 7 e 8, prevedono, rispettivamente, le condizioni per la titolarità e la gestione della farmacie e le incompatibilità nella gestione societaria.
In particolare, l’art. 8 prevede che la partecipazione alle società di cui all’art. 7, salvo il caso di cui ai commi 9 e 10 di tale articolo, è incompatibile:
a) con qualsiasi altra attività esplicata nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco;
b) con la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia;
c) con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato.
2.4. La L. n. 362 del 1991, art. 8, comma 3, prevede sanzioni disciplinari in caso di violazione delle disposizioni di cui alla L. n. 362 del 1991, artt. 7 e 9.
2.5. La ratio delle citate disposizioni normative va rinvenuta nell’esigenza che la titolarità delle farmacie spetti a persone qualificate sul piano professionale ed iscritte ad un ordine professionale, così da essere tenute a rispettare le relative regole giuridiche e deontologiche, e che la gestione delle farmacie e dei relativi servizi e beni non sia animata da intenti lucrativi, sì da costituire un pregiudizio per la comunità. Per tali ragione, il legislatore aveva vietato la scissione della titolarità dell’impresa e della sua gestione dalla responsabilità del servizio farmaceutico (Cass. n. 14808/2006).
2.6. Su tale contesto normativo, la Commissione Europea ha più volte sollevato il problema del contrasto della disciplina italiana con i principi dei trattati UE in termini di libera circolazione di persone, professionisti e capitali, e di libertà di insediamento delle attività economiche e imprenditoriali (cfr. procedure di infrazione IP/05/1665, IP/06/858, IP/08/1352, IP/08/1785).
2.7. La Corte di Giustizia Europea, pronunciatasi su tali questioni, ha finora ritenuto legittima la normativa italiana. In particolare, con la sentenza del 19 maggio 2009 nella causa C-531/06, sebbene abbia riconosciuto che l’esclusione dei soggetti non farmacisti dalla possibilità di gestire una farmacia o di acquisire partecipazioni in società di gestione di farmacie costituisce in astratto una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali, ha tuttavia valutato le norme che regolano la proprietà della farmacia italiana non in contrasto con il Trattato CE.
Invero, la Corte osserva che la tutela della sanità pubblica figura tra i motivi imperativi di interesse pubblico che possono giustificare restrizioni alle libertà di circolazione garantite dal Trattato. In particolare, restrizioni possono essere giustificate dallo scopo di garantire un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualità (v., in tal senso, sentenze 11 dicembre 2003, causa C-322/01, Deutscher Apothekerverband, punto 106, e 11 settembre 2008, Commissione/Germania, causa C141/07, punto 47).
La Corte sottolinea quindi il carattere molto particolare dei medicinali, che si distinguono sostanzialmente dalle altre merci per i loro effetti terapeutici (v., in tal senso, sentenza 21 marzo 1991, causa C-369/88, Delattre, Racc. pag. I1487, punto 54), effetti che rendono i medicinali potenzialmente nocivi per la salute se assunti senza necessità o in modo sbagliato, senza che il paziente possa esserne consapevole al momento della loro somministrazione.
Per questo motivo, la Corte, tenuto conto della facoltà riconosciuta agli Stati membri di decidere il grado di tutela della sanità pubblica, ritiene che rientra nelle loro facoltà poter esigere che i medicinali vengano distribuiti da farmacisti che godano di un’effettiva indipendenza professionale.
Sebbene anche il farmacista persegua come altri professionisti, una finalità di lucro, tuttavia si ritiene che, quale farmacista di professione, gestisca la farmacia in base non ad un obiettivo meramente economico, ma altresì in un’ottica professionale. Il suo interesse privato, connesso alla finalità di lucro, viene quindi temperato dalla sua formazione, dalla sua esperienza professionale e dalla responsabilità ad esso incombente; elementi, al contrario, non ravvisabili in capo ai non farmacisti, i quali, pertanto, non forniscono le medesime garanzie. Di conseguenza uno Stato membro può ritenere, nell’ambito del suo margine di discrezionalità, che la gestione di una farmacia da parte di un non farmacista possa rappresentare un rischio per la sanità pubblica, in particolare per la sicurezza e la qualità della distribuzione dei medicinali al dettaglio.
Conclude la Corte affermando che la normativa nazionale risulta idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo da essa perseguito e non va oltre quanto necessario per raggiungerlo. Pertanto si deve ammettere che le restrizioni derivanti da tale normativa possono essere giustificate da questo obiettivo.
2.8. Del resto, una medesima, se non più accentuata, sensibilità traspare dalle pronunce della Corte costituzionale, che, con sentenza n. 216/2014, ha dichiarato che “il regime delle farmacie è incluso – secondo costante giurisprudenza di questa Corte – nella materia della “tutela della salute” e che, “pur se questa collocazione non esclude che alcune delle relative attività possano essere sottoposte alla concorrenza”, le misure a sostegno di questa “potrebbero alterare il sistema stesso, che è posto, prima di tutto, a garanzia della salute dei cittadini”.
2.9. In relazione, invece, alla incompatibilità di cui all’art. 8, comma 1, lett. b), che rileva nel caso di specie, la ratio della norma è di evitare che i soggetti titolari, gestori provvisori, direttori o collaboratori di una farmacia, da un lato, contraggano vincoli che impediscano loro un adeguato svolgimento delle prestazioni lavorative in favore della farmacia presso la quale operano, dall’altro, che svolgano analogo ruolo nell’ambito di una farmacia costituita in forma societaria, con l’emersione di eventuali conflitti di interesse.
2.10. D’altro canto, la Corte Costituzionale, con la sentenza additiva n. 275 dell’8-24 luglio 2003, ha esteso alle società di gestione di farmacie comunali il vincolo di incompatibilità con qualsiasi altra attività nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione ed informazione scientifica del farmaco, facendo riferimento, oltre che alla mancanza di motivazioni per un diverso trattamento normativo tra le società, anche al principio costituzionale di tutela della salute. Secondo la Corte, invero, quello della incompatibilità con qualunque altra attività nel settore della produzione, distribuzione ed intermediazione del farmaco – c.d. filiera del farmaco – è “un principio generale applicabile a tutti i soggetti che, in forma singola o associata, siano titolari o gestori di farmacie”.
2.11. In conclusione, l’incompatibilità di cui al citato art. 8, comma 1, lett. b) da parte del titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia deve essere estesa a qualsiasi forma di partecipazione alle società di farmacia, senza alcuna limitazione o esclusione.
2.12. Tornando all’esame della disciplina generale, la L. n. 475 del 1968, art. 12, nella formulazione ratione temporis applicabile, prevede che il trasferimento del diritto di esercizio della farmacia deve essere riconosciuto con decreto del medico provinciale.
Occorre considerare, infatti, che il trasferimento della farmacia è sempre e necessariamente subordinato, ai sensi della L. 2 aprile 1968, n. 475, art. 12, comma 2, alla condizione legale sospensiva del riconoscimento del medico provinciale (sent. n. 3587-93), tenuto ad esercitare il controllo dei requisiti richiesti dalla stessa legge per la gestione del servizio farmaceutico.
2.13. Nella risalente pronuncia dell’08/11/1983, n. 6587, che ha indirizzato la giurisprudenza successiva, le Sezioni Unite hanno stabilito che, nel concorso dei requisiti stabiliti dalla legge, il trasferimento è valido ed operante “inter partes”, anche se il suo effetto principale, cioè quello di consentire all’acquirente di esercitare la farmacia, e l’effetto ad esso strettamente collegato, cioè il trasferimento dell’azienda farmaceutica, restano sottoposti alla condizione sospensiva del riconoscimento del trasferimento medesimo da parte del medico provinciale, il quale integra un provvedimento amministrativo autorizzatorio, che viene emanato previo controllo dei citati requisiti, nonchè previo riscontro della circostanza che l’acquirente non si trovi nelle condizione di incompatibilità, previste dalla legge, ovvero non ricopra posti di ruolo nell’amministrazione dello Stato o di enti pubblici, nè eserciti la professione di propagandista di medicinali (artt. 12 e 13).
Da tanto consegue che, nel vigore della citata legge, in presenza degli indicati requisiti, è consentito alle parti di stipulare un contratto di trasferimento della titolarità dell’esercizio farmaceutico, così deve ritenersi consentito alle parti stesse, dopo la stipula di un preliminare di trasferimento, e sempre nel concorso di quei requisiti di adire il giudice ordinario per l’esecuzione in forma specifica del preliminare, ai sensi dell’art. 2932 c.c., senza necessità di ottenere preventivamente il suddetto riconoscimento del medico provinciale, in considerazione del fatto che la sentenza richiesta con tale azione non viene ad interferire in alcun modo sulla posizione dei contraenti verso la p.a., ed è idonea a produrre solo gli effetti che avrebbe determinato il trasferimento non stipulato, sicchè, resta ferma la funzione del successivo riconoscimento del medico provinciale, quale condizione sospensiva, nel senso sopra specificato, degli effetti del trasferimento disposto giudizialmente.
Le Sezioni Unite distinguono, quindi, il momento privatistico della conclusione del contratto preliminare, valido ed efficace tra le parti dal momento pubblicistico dell’autorizzazione amministrativa, che si pone come condizione sospensiva, sicché il contratto definitivo non è idoneo a trasferire immediatamente la titolarità della farmacia, che discende, invece dall’autorizzazione del medico provinciale.
2.14 Su tale solco interpretativo, questa Corte, con successiva sentenza n. 6050/1995, ha avuto modo di precisare che “poiché ai sensi della L. 2 aprile 1968, n. 475, art. 12, comma 2, il trasferimento della farmacia è subordinato alla condizione legale sospensiva del riconoscimento del medico provinciale, tenuto ad esercitare il controllo dei requisiti richiesti dalla stessa legge per la gestione del servizio farmaceutico la vendita, come più in generale, ogni atto traslativo, tra vivi o “mortis causa” di una farmacia non solo non consente all’acquirente prima del riconoscimento, l’esercizio della farmacia ma neppure produce il suo effetto reale del trasferimento della proprietà dell’azienda, che solo dopo il predetto atto amministrativo, avente la natura giuridica di un’autorizzazione costitutiva, si realizza con efficacia retroattiva”.
2.15. La disposizione della L. n. 475 del 1968, art. 12, che consente il trasferimento della farmacia solo a favore di persona dotata di particolari requisiti, non impedisce la stipulazione di un contratto preliminare di compravendita della farmacia condizionato alla futura acquisizione dei requisiti di legge da parte del promittente acquirente o di un terzo a favore del quale il contratto preliminare sia destinato a operare e che lo stipulante si riservi di indicare (Cassazione civile sez. III, 01/04/2014, n. 7525; Cassazione civile sez. II, 21/06/1995, n. 7026; Cassazione civile sez. II, 22/10/2015, n. 21523).
2.16. Anche ai fini degli effetti sul piano fiscale, è stato stabilito che, in tema di contratto sottoposto a condizione sospensiva, seppur con riferimento all’imposta di registro, che “la base imponibile, nel contratto traslativo o costitutivo di diritti reali soggetto a condizione sospensiva, è segnata dal valore del bene alla data in cui si producono i relativi effetti, ovvero al tempo del verificarsi della condizione”, rilevandosi che “a tale interpretazione induce l’elemento testuale del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 43, comma 1, lett. a, in linea con la terminologia del codice civile, in quanto gli effetti traslativi o costitutivi sono prodotti non dalla stipulazione del contratto condizionale, destinato a rimanere inoperante senza l’avveramento dell’evento futuro, ma dall’accadimento di questo; la retroattività degli effetti stessi, una volta prodottisi, non implica mutamento del fatto generatore” (Cass. n. 7878/2012; n. 16562/2012; n. 4657/1999).
2.17. La corte territoriale non si è attenuta ai principi di diritto affermati da questa Corte, in quanto, poichè la M. si trovava in condizione di incompatibilità, ha ritenuto che il contratto definitivo fosse contra legem, in violazione della L. n. 362 del 1991, art. 8.
2.18. Né può ritenersi che la situazione di incompatibilità si verifichi in virtù dell’effetto retroattivo dell’avveramento della condizione perché, in assenza di autorizzazione amministrativa, pur essendo costituita la società, essa non potrà acquisire la titolarità della farmacia senza l’autorizzazione amministrativa.
Ne consegue che l’incompatibilità di una delle parti del contratto preliminare non produce l’effetto traslativo, condizionato all’atto amministrativo autorizzatorio.
2.19. La circostanza che la ricorrente non fosse dotata dei particolari requisiti di idoneità previsti dalla legge non impediva affatto la stipulazione di un contratto preliminare condizionato alla futura acquisizione di questi requisiti o che essi fossero acquisiti dal terzo in favore del quale il contratto preliminare era destinato ad operare e di cui si riservi di indicare il nome.
La vendita, dunque, come, più in generale, ogni atto traslativo, tra vivi o mortis causa, di una farmacia, non solo non consente all’acquirente, prima del riconoscimento, l’esercizio della farmacia ma neppure produce il suo effetto reale del trasferimento della proprietà dell’azienda, che solo dopo il predetto atto amministrativo, concordemente considerato una autorizzazione costitutiva dalla giurisprudenza di questa Corte e del Consiglio di Stato (sent. N. 1315/93), si realizza con efficacia retroattiva.
2.20. Non è pertinente il richiamo del ricorrente al principio affermato da Cassazione civile sez. lav., 21/04/2016, n. 8066, secondo cui la violazione delle norme sull’incompatibilità determina la nullità del contratto per contrarietà a norme imperative, sul presupposto che l’area delle norme inderogabili di cui all’art. 1418 c.c., comma 1, ricomprende, oltre le norme relative al contenuto dell’atto, anche quelle che, in assoluto, oppure in presenza o in difetto di determinate condizioni oggettive e soggettive, direttamente o indirettamente, vietano la stipula stessa del contratto ponendo la sua esistenza in contrasto con la norma imperativa.
2.21. La fattispecie esaminata dalla Corte riguardava un accordo transattivo relativo al conferimento dell’incarico di direttore generale della RAI, in violazione dell’incompatibilità della L. 481 del 1995, art. 2, comma 9, poichè, in tal caso, non era previsto un successivo controllo da parte dell’autorità amministrativa, sicchè il contratto violava direttamente norme imperative; diversamente, nell’ipotesi di incompatibilità prevista dalla legislazione in materia di acquisto e trasferimento di farmacie, il contratto non è nullo ma privo di efficacia in caso di mancato avveramento della condicio iuris.
2.22. Deve ribadirsi, pertanto, l’assoluta validità del contratto preliminare in questione, con cui la ricorrente si impegnava a costituire una società con la Z., pur essendo titolare di altra farmacia, in quanto la disposizione della L. 2 aprile 1968, n. 475, art. 12, che consente il trasferimento della farmacia solo a favore di persona dotata di particolari requisiti, non impedisce affatto la stipulazione di un contratto preliminare di compravendita della farmacia solo a favore di persona dotata di particolari requisiti, nè impedisce la stipulazione di un contratto preliminare di compravendita della farmacia condizionato alla futura acquisizione dei requisiti di legge da parte del promittente acquirente o di un terzo a favore del quale il contratto preliminare sia destinato ad operare e che lo stipulante si riservi di indicare.
2.23. Ciò conduce alla cassazione, sul punto, della sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Napoli, per nuovo esame alla stregua del principio di diritto enunciato e per le spese del giudizio di legittimità.
2.24. Vanno dichiarati assorbiti il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale, proposti, in via subordinata all’accoglimento del primo motivo del ricorso; risulta, altresì assorbito il ricorso incidentale proposto dal Ma..
2.25. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale Z.M.T. dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti i restanti ed il ricorso incidentale proposto da Ma.Gi., rigetta il ricorso incidentale proposto da Z.M.T., cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia innanzi ad altra Sezione della Corte d’appello di Napoli, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale Z.M.T. dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 20 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2020