Discrezionalità organo disciplina

29/11/2010 n. 49 - Commissione Centrale Professioni Sanitarie

Qualora i fatti contestati al ricorrente come aggravanti attengono ai rapporti di lavoro tra il ricorrente e il suo superiore, essi non possono essere considerati dall’ Ordine, in quanto di per sé suscettibili, semmai, di autonomo apprezzamento da parte della ASL competente, essendo relativi a violazioni di direttive del superiore in merito all’ applicazione del tariffario regionale (aspetto questo che emerge, peraltro, nella stessa decisione impugnata). Quanto sopra, naturalmente, va ad incidere sulla quantificazione della sanzione da applicare, in quanto quelle circostanze, senz’altro attinenti al rapporto di servizio, non devono essere considerate come aggravanti e quindi non devono essere valutate tout court sul piano della determinazione della sanzione.

È infondato il motivo di ricorso con il quale si lamenta la violazione dell’art. 39 del DPR n. 221/1950, con particolare riferimento alle norme poste a tutela dal diritto di difesa, se risulta agli atti che non solo gli addebiti principali ma anche successive circostanze aggravanti hanno formato oggetto di contestazione in apposita comunicazione, dando così modo all’ interessato di potere, nei termini di legge, formulare controdeduzioni scritte e chiedere di essere sentito anche in relazione alle predette circostanze.

L’organo di disciplina, nella discrezionalità del proprio convincimento, ben può ritenere credibile la testimonianza resa da un teste soprattutto nel momento in cui l’istruttoria compiuta dall’ Ordine viene utilizzata ai fini del convincimento della credibilità delle teste, anche se il ricorrente nega quanto affermato dal teste medesimo. Al riguardo, in base al costante orientamento della Commissione Centrale, è da ritenere che, in difetto di specifica normativa al riguardo, i testi non devono essere messi a confronto con il soggetto incolpato.