L’applicazione della domiciliazione fiduciaria, misura fissata in relazione a determinate evenienze ad esito di specifiche valutazioni proprie del particolare settore medico di riferimento, segue anche precauzionalmente al fatto in sè, comunque e da qualunque autorità riscontrato, non potendosi ritenere che un tale effetto segua unicamente ad accertamenti provenienti dalle forze dell’ordine. Ha aggiunto che l’ordinanza del Presidente della Giunta regionale n. 15 del 13 marzo 2020 richiama plurime disposizioni legislative che fondano la base legale del potere di adozione di misure correlate a situazioni regionalmente localizzate, il che esclude ogni possibile contrasto di dette misure con quelle predisposte per l’intero territorio nazionale.
farmaco biosimilare - libertà terapeutica - diritto di scelta del farmaco da parte del medico - illegittimo il bando di gara
10/03/2020 n. 148 - T.A.R. Cagliari, (Sardegna) sez. I,
La norma di legge dedicata alla disciplina delle procedure di acquisto dei farmaci biosimilari prodotti dopo l’intervenuta scadenza del brevetto, dopo aver stabilito il sistema di acquisizione dei medicinali (acquisizione che, quando i farmaci basati sul medesimo principio attivo sono più di tre, deve effettuarsi attraverso accordi-quadro con tutti gli operatori economici), delinea anche il rapporto tra le esigenze di natura finanziaria, che perseguono l’obiettivo di razionalizzare la spesa farmaceutica per giungere al suo tendenziale contenimento, e la tutela del diritto alla salute sotto lo specifico profilo della libera scelta terapeutica del medico, il quale “è comunque libero di prescrivere il farmaco, tra quelli inclusi nella procedura di cui alla lettera a), ritenuto idoneo a garantire la continuità terapeutica ai pazienti”. Nella comparazione, la scelta del legislatore appare chiaramente privilegiare lo spazio della libertà terapeutica del medico (da intendere sia come libertà di prestazione della cura, che trova davanti a sé la libertà del paziente di ricevere la cura medesima, posizioni giuridiche entrambe costituzionalmente fondate sull’art. 32 Cost.; sia come libertà delle scelte terapeutiche, articolazione dell’autonomia professionale del medico, fondata sull’art. 33 Cost. quale forma di manifestazione della libertà della scienza).
Ciò chiarito, la norma di cui all’art. 15, comma 11 quater, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, cit., non subordina alla sussistenza di specifiche condizioni la manifestazione della libertà del medico nella scelta del farmaco biosimilare ritenuto più idoneo agli obiettivi terapeutici perseguiti.
responsabilità infermiere struttura privata per manomissione cartella infermieristica
10/03/2020 n. 9393 - Cassazione penale - sez. V (ud. 16/12/2019, dep. 10/03/2020)
L’infermiere in ragione dell’attività espletata, riveste la qualità di incaricato di pubblico servizio, in quanto tale attività persegue finalità pubbliche di rilievo costituzionale, garantendo il diritto alla salute, ai sensi dell’art. 32 Cost. e, come evidenziato dalla L. n. 251 del 2000, art. 1 si inscrive appunto in un’attività diretta alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva.
Due in infermieri hanno falsificato la scheda infermieristica indicando di avere effettuato il controllo dei valori della diuresi e delle verifiche posturali.
Il primo quale materiale esecutore ed il secondo quale istigatore, attestato falsamente nelle schede infermieristiche i valori della diuresi e delle verifiche posturali eseguite su alcuni pazienti, nonchè il primo, sempre su istigazione del secondo, apponendo su tali schede anche la firma del secondo.
L ‘infermiere in ragione dell’attività espletata, riveste la qualità di incaricato di pubblico servizio, in quanto tale attività persegue finalità pubbliche di rilievo costituzionale, garantendo il diritto alla salute, ai sensi dell’art. 32 Cost. e, come evidenziato dalla L. n. 251 del 2000, art. 1 si inscrive appunto in un’attività diretta alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva.
Questo anche se operano in struttura privata – Più volte questa Corte ha evidenziato come debba essere riconosciuta la qualifica di incaricati di un pubblico servizio ad infermieri ed operatori tecnici addetti all’assistenza, con rapporto diretto e personale, del malato .Tale inquadramento non risulta scalfito dal fatto che l’espletamento di tale attività sanitaria avvenga in strutture private accreditate (come quella nella quale si sono svolti i fatti, secondo l’elenco pubblicato dalla ASL , ovvero che per essa si sia fatto ricorso a strumenti privatistici, o comunque che la disciplina del rapporto di lavoro sia retta dalle norme del codice civile, poichè la rilevanza pubblica dell’attività svolta non risulta eliminata, siccome determinata dalle oggettive finalità di tutela e dal rapporto diretto e personale dell’infermiere con il malato (arg. ex. Sez. 2, n. 769 dell’11/11/2005, Rv. 232989).
Nel momento in cui l’infermiere redige la cartella infermieristica esercita anche un’attività amministrativa con poteri certificativi assimilabili a quelli del Pubblico Ufficiale.
Le false attestazioni circa i valori della diuresi e delle verifiche posturali dei pazienti apposte nelle schede infermieristiche oggetto di contestazione devono dunque ritenersi ideologicamente false, ai sensi degli artt. 476-479 c.p.
responsabilita' della struttura sanitaria per l'inadempimento di prestazioni medico libero professionale
09/03/2020 n. 4939 - Tribunale Roma
La struttura sanitaria risponde dell’operato del medico anche laddove quest’ultimo non sia qualificabile quale lavoratore subordinato, purché ci sia un collegamento tra la prestazione effettuata dal sanitario e l’organizzazione della struttura medesima, non assumendo alcuna rilevanza la circostanza che il medico sia “di fiducia” del paziente ovvero che sia stato scelto dallo stesso (ex multis, Cass., Sez. III, n. 13953/2007: “Il rapporto che si instaura tra paziente e casa di cura (o ente ospedaliero) ha la sua fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell’obbligazione al pagamento del corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente, dall’assicuratore, dal S.s.n. o da altro ente), insorgono a carico della casa di cura (o dell’ente), accanto a quelli di tipo “lato sensu” alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze. Ne consegue che la responsabilità della casa di cura (o dell’ente) nei confronti del paziente ha natura contrattuale e può conseguire, ai sensi dell’art. 1218 c.c., all’inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, nonché, in virtù dell’art. 1228 c.c., all’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando in contrario al riguardo la circostanza che il sanitario risulti essere anche “di fiducia” dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto”).
minore non accompagnato e accertamento anagrafico
03/03/2020 n. 5936 - SEZIONE I
La L. n. 47 del 2017, recante “Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati”, introdotta con il principale obiettivo di rafforzare gli strumenti di tutela garantiti dall’ordinamento in favore dei minori stranieri, a completamento del quadro normativo vigente, all’art. 5 ha previsto, per quanto rileva, una procedura unica di identificazione del minore, che costituisce il passaggio fondamentale per l’accertamento della minore età ed a cui consegue la possibilità di applicare le misure di protezione in favore dei minori non accompagnati.
Solo ove sussistano fondati dubbi sull’età e questa non sia accertabile attraverso documenti identificativi (passaporto o altro documento di riconoscimento munito di fotografia), le Forze di Polizia possono richiedere al giudice competente per la tutela, ovverosia il Tribunale per i minorenni, l’autorizzazione all’avvio della procedura multidisciplinare per l’accertamento dell’età.
il dentista e' responsabile quando sottopone il paziente a cure inutili che ne comportano l'aggravamento delle condizioni di salute
26/02/2020 n. 5128 - SEZIONE III
L’inadempimento rilevante, nell’ambito dell’azione di responsabilità medica, per il risarcimento del danno nelle obbligazioni, così dette, di comportamento non è, dunque, qualunque inadempimento, ma solo quello che costituisce causa (o concausa) efficiente del danno. Ciò comporta che l’allegazione del paziente – creditore non può attenere ad un inadempimento, qualunque esso sia, o comunque genericamente dedotto, ma ad un inadempimento, per così dire, qualificato, e cioè “astrattamente efficiente alla produzione del danno” (così chiosa Cass. SU 577/2008). Conseguentemente, nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere del paziente dimostrare l’esistenza del nesso causale, provando che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del “più probabile che non”, causa del danno, sicchè, ove la stessa sia rimasta assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata (Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 27606 del 29/10/2019; Cass.Sez. 3 -, Sentenza n. 3704 del 15/02/2018).
distrofia di genere e cambio anagrafico - il tribunale di milano descrive il percorso
17/02/2020 n. 1479 - Tribunale Milano sez. I
Il ricorso alla modificazione chirurgica dei caratteri sessuali risulta, quindi, autorizzabile in funzione di garanzia del diritto alla salute, ossia laddove lo stesso sia volto a consentire alla persona di raggiungere uno stabile equilibrio psicofisico, in particolare in quei casi nei quali la divergenza tra il sesso anatomico e la psicosessualità sia tale da determinare un atteggiamento conflittuale e di rifiuto della propria morfologia anatomica. La prevalenza della tutela della salute dell’individuo sulla corrispondenza fra sesso anatomico e sesso anagrafico, porta a ritenere il trattamento chirurgico non quale prerequisito per accedere al procedimento di rettificazione – come prospettato dal rimettente -, ma come possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico
disfunzioni siss imputabili a lombardia informatica. le disfunzioni c'erano ma nessun risarcimento per il medico di famiglia
17/02/2020 n. 3902 - Cassazione Civile - sezione lavoro
Con sentenza in data 24 ottobre- 13 dicembre 2016 numero 1404 la Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che, per quanto ancora in discussione, aveva respinto la domanda proposta da F.M.A.E. – medico di medicina generale in regime di convenzione con L’ASL di Milano – nei confronti dell’ASL, della REGIONE LOMBARDIA e di LOMBARDIA INFORMATICA spa per il risarcimento del danno subito a causa delle disfunzioni del sistema informatico del servizio sanitario regionale (“SISS”) nonchè per il rimborso dei costi di adeguamento del proprio sistema informatico.
La Corte territoriale condivideva le valutazioni del Tribunale in ordine alla effettiva esistenza delle lamentate disfunzioni della piattaforma informatica; riteneva, tuttavia, infondata ogni pretesa economica.
Il rapporto di convenzione prevedeva che i compensi dei medici convenzionati fossero parametrati al numero di pazienti e non al tempo di lavoro; pertanto non era dovuto un maggiore compenso per il tempo che la parte assumeva avere dedicato alla risoluzione dei problemi informatici. Ne derivava la assenza di qualsiasi ipotetico danno da lucro cessante.
Neppure poteva essere riconosciuto il rimborso delle spese sostenute per l’adeguamento dell’Hardware e del software; comprese fra i costi a carico del medico; mancava la prova della loro riconducibilità alle disfunzioni del SISS.
Le spese del grado andavano compensate nei rapporti fra la F. e LOMBARDIA INFORMATICA S.p.A., appellante incidentale, per il rigetto di entrambe le impugnazioni; la F. doveva essere condannata alla rifusione delle spese nei confronti dell’appellata ASL.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso LOMBARDIA INFORMATICA S.p.A., articolato in tre motivi, cui ha opposto difese F.M.A.E. con controricorso, contenente, altresì, ricorso incidentale articolato in tre motivi, cui hanno resistito con controricorso LOMBARDIA INFORMATICA S.p.A. e AGENZIA TUTELA DELLA SALUTE-ATS della città metropolitana di Milano (già ASL di MILANO).
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo LOMBARDIA INFORMATICA spa, parte ricorrente in via principale, ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., nonchè dell’art. 115 c.p.c..
Ha impugnato la sentenza per avere ritenuto dimostrate le disfunzioni del software SISS sulla base delle allegazioni del ricorso introduttivo e della deposizione del teste D., in violazione delle norme in tema di onere della prova e di presunzioni.
Le contestazioni provenienti dalla stessa parte interessata non potevano costituire fonte di prova e, peraltro, esse rappresentavano problemi del sistema informatico e non anche la possibile causa. Era anzi emerso che i problemi esposti erano imputabili a difetti dei sistemi operativi installati sul “pc” personale del medico ovvero ad errori di digitazione.
Neppure costituiva fonte di prova la denuncia delle problematiche tecniche da parte del sindacato dei medici, essendo piuttosto necessaria la prova di fatti specifici.
La ricorrente principale ha esposto che le deposizioni dei testi erano contrastanti e che il teste D. aveva affermato che le denunce del sindacato dipendevano da una conoscenza inadeguata del programma da parte degli utenti, riconoscendo un’unica e marginale disfunzione del software.
Con il secondo motivo LOMBARDIA INFORMATICA spa ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – violazione dell’art. 116 c.p.c., per omesso esame di un fatto storico decisivo oggetto di discussione tra le parti.
La ricorrente società ha lamentato il mancato esame delle deposizioni dei testi B., FI., D., di rilievo decisivo a smentire le denunce della parte attrice.
Con il terzo motivo LOMBARDIA INFORMATICA spa ha censurato la sentenza impugnata – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4. Si deduce la grave illogicità della motivazione, per avere attribuito valenza di prova alle allegazioni di controparte – sebbene contestate – ed a denunce del sindacato, in assenza di riscontri istruttori.
Si assume altresì la illogicità dell’affermazione secondo cui gli accessi del personale di LOMBARDIA INFORMATICA presso lo studio del medico costituivano prova del problema tecnico perchè, al limite, essi dimostravano che la società aveva prestato il servizio di assistenza richiesto.
La ricorrente incidentale F.M.A.E. ha dedotto con il primo motivo di ricorso incidentale – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione, errata ed omessa applicazione degli artt. 1218,1223,1228,2087,2697 c.c., impugnando il rigetto della domanda risarcitoria nonostante l’accertato inadempimento delle parti convenute.
Ha assunto che la condotta delle controparti, che non avevano adottato le necessarie e opportune soluzioni per assicurare la funzionalità adeguata del sistema informatico, aveva determinato una lesione della sua personalità morale.
La Corte territoriale aveva errato nel ritenere che l’indicazione di un parametro di risarcimento commisurato al tempo dedicato a risolvere i problemi informatici costituisse una voce di danno rappresentata dal lucro cessante o dalla rivendicazione di ore di lavoro straordinario.
Inoltre ella aveva incontrato problemi maggiori rispetto agli altri medici perchè (come affermato dal teste di LOMBARDIA INFORMATICA signor B.) era stata utilizzata a sua insaputa come tester, venendole assegnata una versione di prova del software.
Con il secondo motivo la ricorrente incidentale ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione, errata ed omessa applicazione degli artt. 1223 e 1226 c.c., nonchè dell’art. 432 c.p.c., in ordine alla liquidazione del danno.
Ha esposto di avere indicato una possibilità di calcolo dei danni esclusivamente per facilitarne una liquidazione equitativa e non a titolo di lucro cessante. In ogni caso occorreva evidenziare la differenza tra il prolungamento dell’attività lavorativa e la attività, estranea alla professionalità medica, diretta a supplire all’inadempimento del datore di lavoro, che sottraeva tempi significativi ad altre possibili occupazioni. Si era in presenza di un pregiudizio che colpiva direttamente la persona del lavoratore ed i suoi diritti fondamentali, da quantificare in via equitativa anche ai sensi dell’art. 432 c.p.c..
Si censura inoltre la sentenza per non aver riconosciuto il danno emergente relativo ai costi sostenuti per le disfunzioni del sistema.
Con il terzo motivo del ricorso incidentale si lamenta – ai sensi dell’art. 360 c.p.c.. n. 3 – violazione, errata ed omessa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c..
Il motivo investe la condanna della F. alla refusione delle spese giudiziali in favore di ATS; si assume sussistere una ipotesi di soccombenza reciproca, essendo stato riconosciuto l’inadempimento dell’ASL agli obblighi nascenti dalla convenzione.
Viene, altresì, censurata la condanna al raddoppio del contributo unificato, quale effetto dell’accoglimento del ricorso incidentale.
In via preliminare deve essere superata la eccezione di inammissibilità del ricorso principale opposta dalla ricorrente incidentale sotto il profilo del difetto dell’interesse di LOMBARDIA INFORMATICA spa alla impugnazione, in ragione del rigetto della domanda originaria.
Sul punto il collegio rileva che l’interesse di LOMBARDIA INFORMATICA spa al ricorso deriva dal rigetto dell’appello incidentale proposto dalla società avverso l’accertamento, compiuto dal Tribunale, del proprio inadempimento agli obblighi nascenti dalla fornitura del sistema informatico.
La qualità di parte soccombente nel giudizio d’appello determina l’interesse e la legittimazione della società a proporre la odierna impugnazione.
Le ragioni di censura svolte con il ricorso principale sono inammissibili.
I tre motivi, che possono essere congiuntamente trattati, contestano l’accertamento di fatto, compiuto conformemente nei due gradi di merito, del cattivo funzionamento del sistema informatico del servizio sanitario regionale. Trattasi della ricostruzione di un fatto storico, contestabile in questa sede di legittimità non già con la deduzione della violazione di regole di diritto (primo motivo) o di norme del processo (secondo e terzo motivo) ma unicamente nei limiti di deducibilità del vizio di motivazione e dunque con la allegazione specifica di un fatto storico, risultante dagli atti, oggetto di discussione tra le parti e di rilievo potenzialmente decisivo, non esaminato nella sentenza impugnata.
Nella fattispecie di causa, tuttavia, il giudizio conforme sulla suddetta questione di fatto reso nei due gradi di merito preclude in limine la deducibilità in questa sede del vizio di motivazione; peraltro il ricorso principale non supererebbe comunque il preliminare vaglio di ammissibilità per difetto di specificità delle censure, che appaiono dirette – piuttosto che ad individuare un fatto specifico non esaminato – a devolvere a questa Corte un non -consentito riesame del merito.
Dalla inammissibilità del ricorso principale deriva la inefficacia del ricorso incidentale tardivo, in applicazione dell’art. 334 c.p.c., comma 2.
LOMBARDIA INFORMATICA spa è tenuta alla refusione delle spese nei confronti della ricorrente incidentale.
Questa Corte ha già chiarito che in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso principale – con conseguente inefficacia del ricorso incidentale tardivo ai sensi dell’art. 334 c.p.c., comma 2 – la soccombenza va riferita alla sola parte ricorrente in via principale, restando irrilevante se sul ricorso incidentale vi sarebbe stata soccombenza del controricorrente, atteso che la decisione della Corte di cassazione non procede all’esame dell’impugnazione incidentale e, dunque, l’applicazione del principio di causalità con riferimento al decisum evidenzia che l’instaurazione del giudizio è da addebitare soltanto alla parte ricorrente principale (Cass. 20/02/2014, n. 4074; conf. Cass. 04/11/2014, n. 23469; Cass. 12/06/2018, n. 15220; Cass. 26/09/2018, n. 22799; Cass. 28/09/2018, n. 23443; Cass. 05/03/2019 n. 6332).
Non vi è luogo a refusione delle spese nei confronti della ASL, che ha assunto una posizione adesiva alle difese della società LOMBARDIA INFORMATICA, ricorrente principale.
Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte della ricorrente in via principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale; dichiara inefficace il ricorso incidentale. Condanna LOMBARDIA INFORMATICA spa al pagamento delle spese in favore della F., che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 3.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente in via principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 25 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2020
scelta del nuovo nome e modifica dello stato civile anche se il cambio di sesso non è stato ancora completato
17/02/2020 n. 3877 - Sezione I
La Corte d’appello, riformando la decisione di primo grado, richiamate le pronunce della Consulta (sentenze nn. 221/2015 e 180/2017) e di questa Corte (Cass. 15138/2017), ha ritenuto sussistenti i presupposti per dar luogo alla rettificazione prevista dalla L. n. 164 del 1982, art. 1 non rappresentando presupposto imprescindibile il trattamento chirurgico di modificazione dei caratteri sessuali anatomici primari ed avendo accertato che non corrispondono più al sesso attribuito nell’atto di nascita i caratteri sessuali ed identitari attuali del ricorrente, così disponendo la rettificazione di attribuzione di sesso da maschile a femminile, con conseguente ordine all’Ufficiale di Stato Civile di provvedere alle necessarie rettifiche sul relativo registro.
All’attribuzione all’attore del sesso femminile deve necessariamente conseguire anche l’attribuzione di un nuovo nome, corrispondente al sesso.